Si riducono le diseguaglianze nella salute tra i Paesi dell'Unione Europea
Le disuguaglianze nella salute, in termini di aspettativa di vita e in particolare
nella mortalità infantile sono stati notevolmente ridotti nell'Unione Europea negli
ultimi anni. A sottolinearlo è un Rapporto pubblicato dalla Commissione Europea, dal
quale emergono però anche criticità che riguardano soprattutto le diseguaglianze tra
i vari Paesi dell’Unione in fatto di assistenza e stili di vita. Salvatore Sabatino
ne ha parlato con Paola Testori Coggi, direttore generale per la salute ed
i consumatori della Commissione Europea:
R. – In Europa,
c’è ancora una grossa differenza tra i Paesi per quanto riguarda quelli che sono gli
indicatori della salute della popolazione. Parliamo di aspettativa di vita, di mortalità
infantile. C’è anche l’altro indicatore importante, ovvero gli anni di vita che vengono
spesi in salute, gli anni di vita in cui noi non siamo malati. Questa diseguaglianza
c’è: per esempio, per quanto riguarda l’aspettativa di vita ci sono quasi 10 anni
di differenza se prendiamo i migliori Paesi, quelli nordici, come la Svezia e i Paesi
dell’Est. Perché c’è questa differenza? Perché i Paesi dell’Est – che sono entrati
nell’Unione Europea dopo – hanno ancora un livello di sviluppo sociale, e anche un
livello di sistemi sanitari o di inquinamento, ancora bassi.
D. – Queste differenze
però si stanno notevolmente riducendo. Come mai?
R. – Questo indicatore positivo
è importante. Se queste differenze diminuiscono, vuol dire che tutte le politiche
dell’Unione Europea nei nuovi Paesi hanno avuto buoni risultati. Vuol dire che gli
investimenti fatti nei campi delle politiche strutturali, che le applicazioni delle
linee guida dell’Unione Europea in materia di salute e prevenzione, le nostre direttive
e le nostre leggi – applicate adesso nei Paesi dell’Est – portano un miglioramento
reale.
D. – Già nel 2009, la Commissione europea aveva adottato una strategia
sulle diseguaglianze sanitarie lanciando delle vere e proprie sfide. A che punto siamo?
R.
– E’ ancora un cantiere aperto e il fatto che ci siano queste differenze lo dimostra.
Guardiamo alla salute: quali sono i fattori che determinano la nostra salute? Il primo
è un fattore che non dipende da noi, ovvero la genetica. Gli altri fattori sono lo
sviluppo economico e sociale di un Paese, che vuol dire anche il suo livello di inquinamento,
gli stili di vita e il buon funzionamento del sistema sanitario. Questi tre fattori
dipendono moltissimo da quanto i governi fanno per il buon funzionamento del Paese,
ma anche da quanto l’individuo fa. Lo stile di vita – voglio sottolineare questo –
migliora anche con la conoscenza e l’educazione: qui si parla di tabacco, di chi fa
abuso di sostanze alcoliche. Questo è un miglioramento che si può fare con una migliore
educazione.
D. – Tra le voci previste dalla strategia del 2009, c’era anche
quella di soddisfare le esigenze dei gruppi vulnerabili, che stanno purtroppo aumentando
in seguito alla crisi economica. Su questo fronte cosa state facendo?
R. –
Uno dei principi dell’Unione Europea è che tutti i cittadini – tutti, anche le popolazioni
che emigrano verso l’Unione Europea – hanno diritto ad aver accesso alle cure, hanno
diritto ad avere tutti i trattamenti preventivi. Questo è un diritto che in Europa
seguiamo perché venga applicato. È chiaro che poi per le popolazioni migratorie che
non hanno uno statuto legale – perché si tratta di lavoratori illegali – sia più difficile
applicarlo. Vorrei però ricordare che in Europa l’accesso alla salute è un diritto
che dovrebbe essere per tutti.
D. – Una distribuzione equa della salute è
parte dello sviluppo sociale ed economico del vecchio continente. La crisi economica
in atto si può combattere anche attraverso la salute?
R. – Sicuramente. Noi
– responsabili della salute pubblica a livello europeo – insistiamo nel dire che la
salute è un fattore importantissimo della crescita economica. Noi, investendo nella
salute – che vuole dire avere sistemi sanitari efficienti – quindi, non diminuendo
la spesa sanitaria ma rendendola più efficiente e aumentando la prevenzione, miglioriamo
la salute della popolazione e quindi la capacità di lavorare – miglioriamo e riduciamo
l’assenteismo – e soprattutto permettiamo ai cittadini di lavorare per tutto il periodo
della vita lavorativa. Oggi, non dimentichiamoci, che una delle riforme strutturali
è anche l’aumento dell’età pensionabile, ma bisogna essere sicuri che le persone godano
di buona salute per poter lavorare durante il periodo dell’età lavorativa.