Oggi il Papa tra i rifugiati del Centro Astalli. P. La Manna: incontro che scava nelle
coscienze
L’ingresso dalla stessa porta dove ogni giorno dozzine di rifugiati si mettono in
fila per chiedere un pasto o altro tipo di aiuto. Inizierà da qui, verso le 15.30
del pomeriggio, la visita privata di Papa Francesco al Centro Astalli di Roma, la
struttura dei Gesuiti che da oltre 30 anni si prodiga per assistere chi ha lasciato
il proprio Paese ed è approdato a Roma. Una visita attesa, che si collega idealmente
a quella del Papa a Lampedusa. Fabio Colagrande ne ha parlato con padre
Giovanni La Manna, direttore del Centro Astalli:
R. – Siamo molto
contenti di questa visita, lì dove i rifugiati vivono la loro vita quotidiana, che
è fatta di mensa, è fatta di aiuto legale, di aiuto sociale, di aiuto sanitario. Siamo
sicuri che sarà anche un’esperienza spirituale.
D. – Come si svolgerà, in
sintesi, la visita di Papa Francesco al Centro Astalli?
R. – Aspettiamo che
Papa Francesco arrivi alla porta del Centro e poi percorrerà il cammino che ogni richiedente
asilo, quando viene al Centro Astalli, percorre: quindi troverà i volontari che stanno
distribuendo il cibo, gli operatori che danno assistenza legale, i medici che accolgono,
visitano, e il farmacista che dà le medicine. Si fermerà a pregare nella nostra cappella
e poi si salirà su, dove incontrerà altri rifugiati che sono accolti da noi. Troverà
tutte quelle persone che, a vario titolo, nel quotidiano ci consentono di realizzare
un’accoglienza progettuale che consente di restituire, riconoscere la dignità di queste
persone e soprattutto ci consente di accompagnarle affinché vengano riconosciuti i
loro diritti.
D. – Come si stanno preparando i rifugiati? Qualcuno ha preparato
delle richieste particolari al Papa, dei doni?
R. – Credo che in questo incontro
gli elementi più importanti siano le esperienze personali e quindi che ciascuno abbia
la possibilità di raccontare a Papa Francesco cosa ha vissuto nel suo arrivo a Roma,
che è diverso dal primo approdo, cioè Lampedusa. A Lampedusa si arriva con la felicità
e la contentezza di essere arrivati vivi, con la speranza di rimettersi in piedi.
Ora, questa speranza di rimettersi in piedi nelle nostre città, a Roma, incontra un
contesto che non sempre è facile. Questo deve essere il nostro impegno: facilitare
il più possibile il secondo arrivo.
D. – Padre La Manna, quanto questi primi
mesi di Pontificato di Papa Francesco hanno contribuito a sensibilizzare l’opinione
pubblica sui cosiddetti “migranti forzati”?
R. – Sono convinto che la testimonianza
di Papa Francesco aiuti a uscire dal reagire emotivamente, in modo da realizzare un
cammino che ha una sua continuità. Lampedusa è stata una tappa di un cammino iniziato
con Papa Francesco che ci ha visto anche insieme sabato scorso pregare e digiunare
per la pace in Siria e per la pace nel mondo. E’ un cammino continuo che incide e
che mira a risvegliare le coscienze di noi tutti.
D. – Quali frutti vi attendete
da questa visita del Papa al Centro Astalli?
R. – Il primo frutto è un’esperienza
che è umana, spirituale, che miri a tenere viva sempre più la speranza dei rifugiati
di avere una vita di vera pace, di serenità, e insieme lo sforzo di quanti hanno la
responsabilità di governare i nostri Paesi, di riportare la pace nei Paesi di provenienza
di queste persone e soprattutto tenere vivo anche l’entusiasmo di essere al servizio
dei poveri, dei rifugiati.
D. – Potrebbe arrivare anche un messaggio alle istituzioni
da questa visita, secondo lei?
R. – Il Papa ci sorprende sempre. Vediamo cosa
nascerà dall’incontro con queste persone. Credo che il Papa parlerà a tutti e la sua
parola è una parola che non solo entra nei cuori, ma vi rimane e lavora sule nostre
stesse persone: perché è trasformando le nostre persone che trasformeremo veramente
il nostro mondo.