Filippine. 200 in ostaggio di separatisti a Zamboanga. P. Mariani: missionari in pericolo
A Zamboanga, sull’isola filippina di Mindanao, proseguono per il secondo giorno consecutivo
gli scontri tra i miliziani del Fronte nazionale di liberazione Moro (Mnlf) e le forze
di sicurezza locali. Lunedì un blitz dei guerriglieri ha scatenato una battaglia cittadina
che ha causato almeno 8 morti e 24 feriti, con circa 200 civili presi in ostaggio
dai ribelli: sei di essi, perlopiù bambini, sono stati liberati ieri mattina. L'assalto
del Mnlf - un movimento che dagli anni Settanta guida una lotta separatista responsabile
di oltre 120 mila morti - rischia di compromettere il processo di pace in corso tra
il governo e gli altri ribelli della zona, quelli del Fronte islamico di liberazione
Moro (Milf). Sulla situazione in corso, Giada Aquilino ha raggiunto telefonicamente
a Zamboanga padre Giulio Mariani, missionario del Pime, già direttore del locale
Centro Euntes per sacerdoti, suore e catechisti di tutta l’Asia:
R. – Continua
la presenza dei ribelli nel cuore della città. La città è bloccata, tutto è chiuso,
tutto è fermo: farmacie, scuole, uffici, negozi. Ciò crea un grosso problema per la
gente. Ci sono già almeno settemila rifugiati che hanno bisogno di tutto e questa
situazione porta ulteriori problemi alle famiglie, che dipendono dal lavoro giornaliero:
non potendosi recare al lavoro, sono senza soldi. E quindi soffrono. C’è anche il
coprifuoco: dalle 8.00 di sera alle 5.00 del mattino nessuno può muoversi, nessuno
può uscire.
D. – In alcune zone ci sarebbero persone bloccate dai guerriglieri…
R.
– Sì, hanno preso degli ostaggi. C’è chi parla di 200 persone – almeno ieri era così
– che sarebbero in parte ancora là, nella zona di Santa Catalina, Santa Barbara e
Talon Talon, vicino al centro della città.
D. – Padre, il sindaco della città,
Maria Isabelle Climaco Salazar, ha detto che queste persone sarebbero state usate
come scudi umani dai guerriglieri…
R. – Questo io non l’ho sentito, ma non
mi sorprende. Il sindaco è una persona molto rispettata, è una cattolica, la conosciamo
personalmente. Quindi, se ha detto una cosa del genere, vuol dire che è veramente
successo.
D. – Perché il Fronte nazionale di liberazione Moro non aderisce
agli accordi di pace che invece gli altri ribelli locali – quelli del Fronte islamico
di liberazione Moro – hanno siglato l’anno scorso con il governo?
R. – I ribelli
del Mnlf chiedono l’indipendenza, non l’autonomia. Nel trattato di pace, il governo
parla di formare una regione autonoma musulmana, Bangsamoro, ma loro non l’accettano,
puntando invece a uno Stato indipendente. Infatti, i ribelli hanno cercato di arrivare
al municipio di Zamboanga per cambiare la bandiera delle Filippine con la loro bandiera,
per dire che dichiaravano Zamboanga capitale dello Stato indipendente musulmano.
D.
– In questo momento di tensione, il ruolo della Chiesa qual è?
R. – La diocesi
si è organizzata per raccogliere fondi e cibo e distribuirlo ai rifugiati. Nel mio
caso, e nel caso degli altri due padri del Pime che sono qui con me, è un momento
molto delicato: siamo in pericolo. La polizia ci ha detto di stare lontani dalla città,
di non muoverci, perché noi siamo già stati e siamo tuttora oggetto di sequestro da
Abu Sayyaf. Tant’è vero che il Centro di cui io ero il direttore è stato chiuso proprio
per questo motivo. Nel 1998, uno dei nostri padri qui a Zamboanga è stato sequestrato
e poi la vicenda di padre Bossi, che alcuni anni fa è stato sequestrato e tenuto prigioniero
per 68 giorni.
D. – Quali sono le vostre speranze proprio in queste difficoltà?
R.
– Speriamo si possa tornare al più presto ad avere la pace, la tranquillità e la serenità.
Alle 6 ora locale – a mezzogiorno in Italia – c’è stata la Messa in tutte le chiese
della diocesi, pregando per la pace e per la sicurezza di tutte le persone. È stato
un momento molto significativo, apprezzato dalla gente perché le chiese erano state
chiuse per motivi di sicurezza, per ordine della polizia. Noi crediamo nel dialogo,
siamo qui appunto per questo e vogliamo, attraverso la testimonianza del Vangelo,
portare la pace a tutti i popoli, qui nelle Filippine. E’ possibile camminare insieme
tra musulmani e cristiani: ci sono dei valori che sono comuni, ad esempio l’amore
per il prossimo.