2013-09-09 17:13:52

La Casa Bianca: non ci sarà un attacco se Damasco consegna le armi chimiche


Gli Stati Uniti incalzano il regime siriano. L’intervento militare si può evitare - ha detto il segretario di Stato americano John Kerry – solo se Assad consegna, entro la prossima settimana, le armi chimiche alla comunità internazionale. La Russia, intanto, resta contraria ad una soluzione militare. Il servizio di Amedeo Lomonaco: RealAudioMP3

La Casa Bianca insiste sulla necessità di un attacco ma non esclude l’ipotesi di un rinvio di un eventuale intervento militare in attesa del rapporto degli ispettori dell’Onu. Oggi il presidente americano Obama incontra alcuni senatori democratici. In programma poi, su sei network americani, sei interviste televisive di Obama che domani si rivolgerà anche alla nazione. Intanto la Russia, che teme il rischio di una propagazione del terrorismo in caso di attacco, rende noto che intende agire “in coordinamento” con l’Iran “per evitare una situazione catastrofica nella regione”. Il premier italiano, Enrico Letta, ribadisce che non concederà le proprie basi, per un intervento americano, senza un mandato Onu. Domenico Quirico, l'inviato della Stampa liberato ieri dopo 5 mesi di rapimento, ha smentito infine le dichiarazioni del suo compagno di prigionia Pierre Piccinin: "E' folle dire – ha affermato Quirico - che io sappia che non è stato Assad ad usare i gas".

Il giornalista Quirico appena rilasciato ha anche detto di sentirsi “tradito” dalla "rivoluzione siriana", che interesse e speranze aveva suscitato ai tempi della presa di Aleppo da parte dei ribelli e che poi è stata dirottata in parte dalle frange dell'estremismo islamico. Fausta Speranza ne ha parlato con Riccardo Redaelli, docente di Storia e istituzioni del mondo islamico all'Università Cattolica di Milano: RealAudioMP3

R. – E’ una presenza – ahimé – in forte aumento ed è sempre più determinante per le sorti del conflitto. Rispetto ai cosiddetti "moderati" dell’Esercito libero della Siria, i gruppi jihadisti hanno sempre più peso. Sono raggruppati in vari movimenti, il più forte è il "Jabat al Nusra", l’altro è lo Stato islamico dell’Iraq del Levante. Lo dimostrano dati statunitensi, in base tra l’altro ai morti tra i mujaheddin, cioè i combattenti che combattono in jihad arabi non siriani. Ebbene, la maggior parte di questi è morta nelle file dei gruppi jihadisti. Questo ci dice che dall’estero arrivano sempre più combattenti che sono legati ad al Qaeda e ai movimenti jihadisti, che non vogliono l’abbattimento di un dittatore sanguinario come Assad per portare la cosiddetta "democrazia", ma semplicemente per abbattere un nemico dell’islam e creare uno Stato fanatizzato e vicino al terrorismo islamico.

D. – Chiaramente, l’argomento delle armi chimiche è un argomento drammatico, ma anche questo aspetto andrebbe discusso. Secondo lei, l’attesa del voto del Congresso statunitense sull’ipotesi di un attacco armato, è un’attesa che considera anche il dibattito intorno a questo aspetto?

R. – Sì, le armi chimiche sono un’arma orribile e i morti ci hanno impressionato. Ma ci devono impressionare tutti i morti. Le armi chimiche hanno fatto probabilmente lo 0,5% dei morti che ci sono stati in Siria in questi due anni. Detto questo, in ogni caso c’è una commissione Onu, degli ispettori Onu che stanno monitorando la situazione. Bisognerebbe perlomeno lasciar lavorare gli ispettori Onu e aspettare il loro responso, perché non è del tutto chiaro chi le abbia usate: non vi è ancora la certezza che le abbiano usate forze armate siriane per ordine del governo di Damasco.

D. – Che cosa dire di questo botta e risposta mediatico tra Mosca e Washington?

R. – Questo è preoccupante: ci mostra quanto la questione non sia tanto proteggere i cittadini siriani, il popolo siriano, ma quanto ci sia un gioco di potere. Obama vuole un attacco e certi settori vogliono un attacco soprattutto perché la Siria è un alleato-chiave dell’Iran. I Paesi arabi combattono in Siria perché combattono l’espansione o comunque questo ruolo geopolitico dell’Iran e dello sciismo: questa non ha nulla a che fare con la popolazione siriana. E tanto meno Putin se ne preoccupa perché il sostegno ad Assad è un sostegno quasi secondo i vecchi schemi di guerra-fredda: la Russia sostiene la Siria perché ne ha dei ritorni geopolitici molto forti, e perché ha un importante porto in Medio Oriente. Tutto questo inquadra il conflitto siriano in uno scontro regionale e internazionale e non più legato alla liberazione di un popolo da un dittatore.

Intanto sul terreno c’è l’allarme lanciato dalla zona vicina alla diga sull'Eufrate, nel nord della Siria, colpita da bombardamenti dell'aviazione siriana fedele a Assad. Secondo gli abitanti c’è il rischio di una devastante inondazione dell'intera provincia, da mesi sotto il controllo delle truppe ribelli.








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