Il Papa denuncia le "guerre commerciali". Pax Christi: "C'è una lobby delle armi che
provoca i conflitti"
"Questa
guerra di là, quest’altra di là - perché dappertutto ci sono guerre - è davvero una
guerra per problemi o è una guerra commerciale per vendere armi nel commercio illegale?".
E' la domanda retorica posta domenica 8 settembre da Papa Francesco all'Angelus. Il
Papa è tornato a pregare perché "cessi subito la violenza e la devastazione in Siria
e si lavori per una giusta soluzione al conflitto fratricida". Francesco ha detto
no all'odio fratricida, alla violenza e alla proliferazione di armi e al loro commercio
illegale. "Con le sue parole e i suoi appelli - spiega don Renato Sacco,
coordinatore nazionale di Pax Christi Italia - il Papa ci aiuta a non far
addormentare le coscienze". "Già durante l'Angelus del 1° settembre - aggiunge don
Renato - il Papa non aveva predicato astrattamente la pace, ma aveva detto no alla
guerra e organizzato una vera e propria catena di mobilitazione. Direi che quella
di Francesco è una vera e propria 'prassi' della pace, portata avanti con una determinazione
e una lucidità che stupisce tutti". "Il suo riferimento al commercio delle armi
ci apre strade nuove di testimonianza e impegno, perché è un tema tabù, sostenuto
da una vera e propria lobby, e infatti gli appelli per fermare i flussi di armamenti
che vanno a incrementare i conflitti cadono spesso nel vuoto". "E' importante però
- aggiunge il coordinatore di Pax Christi - non lasciare da solo il Papa. Nel nostro
impegno quotidiano dobbiamo lavorare perché le sue parole non cadano nel vuoto. Cos'è
stato fatto, per esempio, per non rifornire di armi Assad? Oggi, oltre ad annunciare
il Vangelo, - come diceva don Tonino Bello - dobbiamo denunciare che qualcuno con
la guerra ci guadagna. E poi, se è il caso, rinunciare a un commercio che produce
morte". "La denuncia di Papa Francesco di una guerra 'commerciale' è così vera
- spiega Francesco Vignarca, coordinatore della Rete italiana per il diasarmo
- che oggi riusciamo a prevedere le guerre studiando i flussi del commercio di armi
e delle spese militari". "La Siria - nei cinque anni precedenti al 2011, prima
che la guerra civile iniziasse, aveva aumentato l'import di armi, comprese quelle
prodotte in Italia, del 580%, cioè di quasi sei volte. Negare che non ci sia un legame
tra questo foraggiare con le armi alcune zone del globo e poi lo scoppio dei conflitti
vuol dire negare l'evidenza. E, come diceva Kofi Annan, 'le vere armi di distruzione
di massa sono le armi leggere', armi che l'Italia produce e vende". "E' inoltre importante
ricordare che la produzione e il commmercio di armi non sono comparti tecnologici
e industriali che hanno ritorni positivi sul tessuto economico delle nazioni", spiega
Vignarca. "Danno vantaggio solo a una ristretta fascia di funzionari, militari e politici.
Tutti gli studi dimostrano che riconvertendo le spese militari nel welfare, nella
sanità e nel lavoro, si otterrebbero grossi vantaggi economici e sociali. Il disarmo
non è solo eticamente giusto, è anche conveniente". (A cura di Fabio Colagrande)