Giornata per l’alfabetizzazione. L'Opam: troppi bambini non possono andare a scuola
Negli ultimi 20 anni sono stati fatti grandi progressi contro l’analfabetismo, ma
ancora troppi bambini non possono andare a scuola. E’ quanto sottolinea il direttore
generale dell’Unesco, Irina Bokova, nel messaggio per la Giornata internazionale dell’Alfabetizzazione
che si è celebrata ieri. Nel documento si sottolinea, inoltre, che più di due terzi
dei 774 milioni di analfabeti nel mondo sono donne e si invitano dunque i governi
a fare di più per sradicare l’analfabetismo. Sulla lotta all'analfabetismo, Alessandro
Gisotti ha intervistato mons. Aldo Martini, presidente dell’Opam, l’Opera
per la promozione dell’alfabetizzazione nel mondo:
R. – In questo
mondo, che è sempre più globalizzato, non è sufficiente garantire la frequenza scolastica,
l’alfabetizzazione tradizionale. Bisogna assicurare l’istruzione di qualità che, oltre
alle competenze necessarie, offra la possibilità di continuare per tutta la vita un
processo di formazione permanente capace di fare sintesi tra le conoscenze personali
e le competenze condivise. Per questo mi piace citare una frase del filosofo Edgar
Morin: “Il nostro mondo di conoscenza parcellizzato, produce ignoranze globali”.
D.
– In questo periodo in Italia, come in molti Paesi dell’Occidente, riaprono le scuole;
questo però non è per tutti, se si guarda un po’ al di fuori del nostro cortile…
R.
– Siamo nel 2013, a due anni dal 2015, che era la data prevista per il raggiungimento
degli obiettivi di sviluppo del millennio; eppure, nel campo dell’alfabetizzazione
scopriamo che almeno 57 milioni di bambini non vanno ancora a scuola. Sono certamente
cifre sottostimate se si pensa alla difficoltà di tener conto di tutti i bambini che
non vengono registrati in alcuna anagrafe, ad esempio quelli che vivono in territori
isolati - nelle foreste o nei deserti di questo mondo - e poi quelli che popolano
eterni campi profughi. Quindi, questo numero andrebbe moltiplicato. Bisognerebbe poi
pensare a tutti gli adulti e a tutti i giovani che non hanno mai potuto accedere alla
scuola dell’obbligo.
D. – Quali sono oggi i principali ostacoli per garantire
proprio a tutti il diritto all’istruzione?
R. – La prima carenza è che mancano
le scuole, mancano proprio gli edifici scolastici, specialmente nelle zone rurali;
mancano le risorse per poterle frequentare, perché anche dove ci sono, le scuole costano.
Quindi, le famiglie che vivono – come gran parte dell’umanità – con meno di un dollaro
al giorno, come fanno a mandare i figli a scuola quando magari si sono famiglie che
hanno dai sei agli otto figli? Una delle carenze sulle quali forse si riflette meno
è la mancanza degli insegnanti: per garantire il diritto all’istruzione, occorrerebbero
almeno 6,08 milioni di insegnanti, che salgono ad almeno 10 milioni se si tiene conto
che la metà degli insegnanti attualmente in servizio non è in possesso di un titolo,
o di competenze adeguate per affrontare i bisogni educativi del XXI secolo.
D.
– Perché accanto alle adozioni scolastiche – iniziative diciamo tradizionali – l’Opam
propone anche gemellaggi fra le scuole del Nord e del Sud del mondo?
R. – Perché
tra le nuove esigenze di formazione, un posto rilevante è occupato proprio da competenze
quali la capacità di gestire la diversità, facendo emergere il valore della diversità
che non è sempre un ostacolo a comprendersi ma è una fonte di ricchezza. Poi, l’educazione
alla condivisione, l’educazione alla solidarietà: vediamo che differenza c’è tra la
capacità di condividere e di essere solidali quando i nostri ragazzi entrano in contatto
con realtà come quella del Terzo mondo, con cui sono gemellati.