Francesco: "Si alzi forte in tutta la terra il grido della pace"
Il Papa, all'udienza
del mercoledì in San Pietro, ha rinnovato a tutta la Chiesa l'invito a vivere intensamente
la giornata di sabato prossimo, di digiuno e preghiera per la pace in Siria, in Medio
Oriente, e nel mondo intero. Solerte e capillare si sta mostrando l'adesione:
dalle diocesi, dall'associazionismo, da singoli e famiglie, da comunità e anche da
molti non credenti. "Spero che questa sarà un'occasione per un risveglio delle
coscienze", dice ai nostri microfoni il gesuita P. Paolo Bizzeti, fondatore dell'A.M.O.
(Amici del Medio Oriente), che ha guidato numerosi pellegrinaggi
biblici in Siria, Terrasanta, Turchia, Egitto. "Una occasione per elevare un grido,
che avrebbe dovuto elevarsi da tempo - precisa il religioso - perché la situazione
in Siria è sotto gli occhi di tutti da tempo in un clima di grave imbarazzo a protestare
contro un massacro che in quel Paese sta avvenendo, di proporzioni enormi. Serve
una pausa di riflessione per domandarci come mai si è arrivati a questa situazione.
Purtroppo noi siamo abituati a reagire soltanto quando le cose diventano drammatiche.
Ci sono delle radici lontani alla condizione attuale, che ci vedono coinvolti in pieno
come occidentali. Per esempio, la misura dell'embargo che è stata votata contro
la Siria e altri paesi della realtà mediorientale non ha fatto altro che peggiorare
la situazione in cui la popolazione si è venuta a trovare e ha rafforzato i regimi
che là non brillano per democrazia. Cosa non abbiamo fatto per interrompere per tempo
questa deriva? E non possiamo ora soltanto operare per il no alla guerra. Dobbiamo
anche individuare le misure da prendere perché una pace sia possibile. Bisogna che
le grandi potenze non tornino a fare la vecchia politica della contrapposizione, dello
spartirsi le aree di influenza, altrimenti avremo un secondo Iraq, dove un intervento
armato ha incoraggiato la guerra civile. Insomma, dobbiamo decidere - aggiunge
il gesuita - se si vuole dare il primato al business e alla spartizione dei territori
oppure aiutare questi popoli, che indubbiamente stanno vivendo un loro travaglio all'interno
fatto anche di contraddizioni, ma che è un travaglio di crescita, di gente che cerca
la propria via per gestire il potere. Che anche l'Europa si faccia un esame di
coscienza, si collochi in una posizione più autonoma e capisca che non è nel bene
di nessuno un intervento drastico di qualcuno contro qualcun altro". Conclude
padre Bizzeti: "Ci troviamo di fronte ad una ipocrisia internazionale veramente
ripetuta. L'accertamento che siano state usate armi chimiche serve come pretesto
per intervenire o per dire 'non interveniamo', laddove invece il problema è a monte.
Mi sembra che soprattutto la voce dei cristiani debba levarsi in senso profetico nel
dire che la questione è di intervenire in modo tale che i civili che si trovano tra
due o tre fuochi non siano quelli che pagano un prezzo altissimo e terribile".
Huda
Fadoul, dal Monastero Deir Mar Musa, rifondato dal padre Dall'Oglio - di cui ancora
non si hanno notizie - esprime il suo grazie a Papa Francesco: "Grazie dal cuore
a Sua Santità da parte di tutti noi siriani perché questa iniziativa di preghiera
ci da un segno dell'amore per noi. Ci fa sentire che davvero siamo un unico corpo
di Gesù, quando un membro non sta bene, tutti i membri ne risentono. Ci fa sentire
non abbandonati dal buon pastore che sempre ci pensa. Passiamo dei momenti difficili,
ma con la preghiera possiamo attraversarli. Abbiamo una grande fiducia che il Signore
ci ascolta. La preghiera per noi è l'unica strada per affrontare questa angoscia che
sta dentro di noi e intorno a noi. Le cose possono essere cambiate. Grazie". (a
cura di Antonella Palermo)