La crescente popolarità dei social media preoccupa le autorità vietnamite che hanno
deciso di ricorrere a una nuova legge specifica per limitare l’utilizzo di internet
per diffondere e rilanciare informazioni, per dibattere questioni politiche, economiche
o sociali, nel tentativo di bloccare quelle che considera manifestazioni di dissidenza.
Domenica il governo ha pubblicato il Decreto 72, temuto e contestato ancora prima
di diventare effettivo proprio per la durezza del contenuto emersa in fase di elaborazione.
Con i nuovi provvedimenti, la possibilità legale di condividere online diventa pressoché
nulla. Internet diventa, secondo le autorità, uno strumento esclusivamente “educativo”,
utile a compattare il Paese attorno agli obiettivi definiti dal governo e dal Partito
comunista, mentre Twitter e Facebook dovranno essere destinati esclusivamente a “fornire
e scambiare informazioni personali”. La nuova legge - riferisce l'agenzia Misna -
obbliga anche le Compagnie straniere che operano su internet in Vietnam ad avere i
loro server nel Paese. Critiche severe sono arrivate dalle aziende, ma anche da gruppi
internazionali per i diritti umani e dal governo statunitense attraverso la sua ambasciata
ad Hanoi. Google e Facebook, tra gli altri, hanno comunicato il loro disaccordo con
i regolamenti che, ritengono, vanno contro l’innovazione e la volontà di chi vuole
investire nel Paese. Sono 35 i blogger o scrittori online finiti in carcere dall’inizio
dell’anno in un Paese che l’ultimo Indice sulla libertà d’informazione pone al 172°
posto al mondo su 179 in lista, subito dopo la Repubblica popolare cinese e appena
prima dell’Iran. Si stima che almeno 1/3 dei quasi 90 milioni di vietnamiti abbia
un accesso abituale a internet e che 12 milioni potrebbero essere già sotto una qualche
forma di controllo governativo. (R.P.)