Nuovo Beato in Sicilia: Antonio Franco, ministro di Dio e uomo di giustizia
Festa ieri pomeriggio a Messina dove è stato proclamato Beato mons. Antonio Franco,
prelato e abate di S. Lucia del Mela, vissuto tra il ‘500 e il ‘600, “esemplare testimone
del Vangelo”, come ha ricordato domenica il Papa all’Angelus. La cerimonia, nella
basilica cattedrale, è stata presieduta dal cardinale Angelo Amato, prefetto della
Congregazione delle Cause dei santi. Da Messina, Gianluca Rossellini:
Mons. Antonio
Franco, seguendo una forte vocazione spirituale, dedicò la sua vita alla difesa e
al sostegno dei poveri. Lottò contro il racket scagliandosi contro il prestito a usura
e si batté per la dignità delle donne. A mons. Franco si attribuisce, inoltre, il
miracolo di un'inspiegata guarigione di una donna da un cancro allo stomaco. Il corpo
incorrotto è stato ricomposto ed è stato esposto al culto nel corso della cerimonia
di beatificazione. Durante l’omelia il card. Angelo Amato, parlando del Beato ha
detto: “Oggi la chiesa di Messina è in festa per la beatificazione del Venerabile
Antonio Franco, Prelato ordinario di Santa Lucia del Mela, vissuto tra il 1585 e il
1626. Si tratta di un sacerdote cosiddetto tridentino, perché modellato sull’esempio
di San Carlo Borromeo, pastore interamente dedito alla cura dei fedeli, alla loro
istruzione e soprattutto alla loro edificazione, col buon esempio di una vita santa”.
“Ancora vivente, mons. Antonio Franco – ha proseguito il cardinale Amato - era venerato
per la sua vita santa e per la sua fama di taumaturgo, con interventi prodigiosi a
favore degli ammalati e dei contadini". "Si tratta di un evento storico - ha sottolineato
anche l’arcivescovo di Messina mons. Calogero La Piana - perchè è la prima beatificazione
della nostra Chiesa, un dono di grazia che accogliamo con gioia e vogliamo valorizzare
per stimolare il nostro cammino di fede”.
Mons. Franco fu uomo di grandi doti
umane e spirituali che mai si risparmiò per aiutare gli altri, come spiega il card.
Angelo Amato al microfono di Roberto Piermarini:
R. - A quel
tempo la Prelatura aveva circa 4200 abitanti, quasi tutti contadini e pastori. Nel
governo di questa Prelatura, unita alla diocesi di Messina solo dal 1986, il Servo
di Dio si distinse per la sua sapiente azione pastorale, migliorando la vita religiosa
del popolo e del clero. Era particolarmente generoso con i poveri. Morì in odore di
santità, il 2 settembre 1626, stroncato dalle penitenze e dalle continue astinenze.
I quattro secoli che ci separano da lui non ne attenuano il messaggio, ma anzi lo
rafforzano. Anche oggi i poveri sono in mezzo a noi, e anche oggi il cristiano è chiamato
dal Signore a essere buon samaritano per i feriti nel corpo e nello spirito, che invocano
la nostra carità. Siamo generosi, come fu sommamente generoso il nostro Beato.