Festival di Venezia. Mons. Celli consegna ad Amos Gitai il Premio Bresson
Assegnato nell’ambito della Mostra del Cinema di Venezia il Premio Bresson della Fondazione
Ente dello Spettacolo e Rivista del Cinematografo al regista israeliano Amos Gitai.
Un riconoscimento che ricorda come il cinema è riflesso della vita, finestra sul mondo,
forma privilegiata di narrazione dell’esistenza e in molti artisti anche impegno morale
e civile. Il servizio di Luca Pellegrini:
Nei tempi gravi
e densi di incognite delle crisi internazionali e dei pericoli di guerra che si levano
dal Medio Oriente senza pace, è di inestimabile valore culturale e di coraggiosa testimonianza
artistica l‘attribuzione del Premio Robert Bresson dell’Ente dello Spettacolo al regista
israeliano Amos Gitai, anche in concorso alla Mostra con il suo ultimo film “Ana Arabia”.
Il furore bellico da un lato, lo sforzo del dialogo dall’altro; le ragioni dei popoli
vilipese dal clamore delle armi e dall’orrore delle violenze. Mons. Claudio Maria
Celli, presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, che ha
consegnato questa mattina il riconoscimento al regista, ha fatto riferimento proprio
ai fatti reali e attuali e ai segni che il cinema può incarnare, considerando l’appello
di Papa Francesco:
“Direi che questo regista israeliano abbia vissuto nella
propria carne, nella propria esperienza personale, la sofferenza dell’immigrazione,
abbia testimoniato nei suoi film ciò che l’uomo sperimenta e vive nella propria carne
nell’esilio e nella guerra, tutte realtà che trasformano la vita, la quotidianità
di uomo. Credo che, in questo momento, un premio come questo ad Amos Gitai abbia un
significato ancora più profondo, perché lui viene da un ambiente, da una regione continuamente
in difficoltà, in sofferenza. In questi giorni, specialmente la Siria è sotto gli
occhi di tutti e nel cuore di tutti. Basti pensare a come ieri Papa Francesco, durante
l’Angelus, abbia voluto ricordare a tutti noi la drammaticità di questo momento, la
sofferenza, ma anche possibili sviluppi negativi per l’umanità. Mi sembra, quindi,
che oggi questo premio dato ad Amos Gitai sia importante. Dal punto di vista filmico,
infatti, da maestro, ha tratteggiato quelle che sono appunto le sofferenze degli uomini
e delle donne di oggi, quando sono sottoposti e devono vivere, devono sperimentare
quella che è l’immigrazione, l’esilio e la guerra. E’ molto positivo, direi, e particolarmente
ricco per noi”.
Anche don Ivan Maffeis, nuovo presidente della
Fondazione, sottolinea l’importanza che questo Premio attribuisce alla testimonianza
e all’opera cinematografica di Gitai:
“Il premio che negli anni è stato
dato a registi particolarmente impegnati, proprio nella ricerca spirituale del significato
della vita, dell’esistenza di ciascuno, quest’anno viene appunto attribuito a Gitai
ed è un riconoscimento di come la sua opera, quasi fosse una sequenza unica, sia stata
una ricerca e una testimonianza della possibilità di tracciare il sentire di convivenza
e di pace anche in popoli che, tante volte, vuoi per storia vuoi per pregiudizi vuoi
per letture, sono uno da una parte e uno dall’altra, vivono di scomuniche reciproche,
di muri eretti, di xenofobia culturale. Qui c’è una testimonianza, invece, di un uomo
che, con la sua opera, quindi con la sua vita, ha cercato di tradurre quello che in
fondo è l’appello di Papa Francesco: globalizzare la solidarietà e il dialogo in un
mondo che, tante volte, ha globalizzato solo l’indifferenza”.