2013-08-31 15:26:08

Eurozona: disoccupazione giovanile record, uno su quattro senza lavoro


La disoccupazione nell’Eurozona è stabile intorno al 12 per cento, ma cresce la preoccupazione per la situazione giovanile. Secondo gli ultimi dati Eurostat, nel mese di luglio era senza lavoro il 24 per cento dei giovani europei, un numero in lieve crescita rispetto a giugno. Particolarmente grave, poi la situazione della Spagna, dove il dato raggiunge il 56%. Nell’intervista di Davide Maggiore, Tito Boeri, professore di Economia all’Università ‘Bocconi’ di Milano si è soffermato sulle cause di questo fenomeno:RealAudioMP3

R. – Durante le recessioni, la disoccupazione giovanile tende ad aumentare sempre più di quanto avvenga per le altre fasce d’età. Normalmente i datori di lavoro reagiscono alla crisi congelando come prima cosa le assunzioni. Le prime vittime di questo sono i giovani. Ci sono sicuramente manifestazioni particolarmente accentuate di questo problema, e mi riferisco soprattutto al caso italiano, dove il rapporto tra i disoccupati che hanno meno di 25 anni di età e i disoccupati nelle altre fasce di età è di circa quattro a uno. Non è così neanche in Spagna: bisogna assolutamente intervenire perché va molto al di là di una recessione. Ci sono problemi strutturali per i giovani …

D. – Quali potrebbero essere delle ipotesi di intervento, le aree su cui intervenire e le criticità da affrontare?

R. – Io credo che una prima cosa da fare sia quella di guardare con attenzione le differenze che ci sono tra i diversi Paesi europei. Abbiamo, infatti, ad esempio l’Austria o la Germania, e la stessa Svizzera in cui la disoccupazione giovanile è molto più bassa, anche in rapporto alla disoccupazione con le altre fasce d’età. Questi Paesi sono Paesi che hanno tutti avviato da tempo un sistema di formazione professionale di qualità, che quindi si estende al di là delle scuole secondarie e arriva fino all’educazione terziaria, che a mio giudizio è un modello molto interessante da studiare, perché dà la possibilità a molti giovani di poter in qualche modo investire di più in capitale umano senza dover chiedere a queste persone investimenti molto pesanti.

D. – Tornando a livello europeo: esistono aree di impiego in cui i giovani possano investire per invertire questa tendenza? Aree in cui ci sia ancora richiesta di lavoro?

R. – Credo che i giovani debbano pensare soprattutto a guardare ai servizi, soprattutto a quelli che siano a maggiore contenuto di capitale umano. Avremo sicuramente una domanda forte nei servizi sanitari, che deriverà anche dall’invecchiamento della popolazione, legati alla salute; e qui si tratta di acquisire competenze anche molto elevate. Poi avremo sicuramente una domanda di servizi alle imprese, su cui i Paesi avanzati costruiranno i loro vantaggi comparati a livello internazionale …

D. – Comunque, la maggior parte del lavoro dei giovani è un lavoro con contratti precari: questo, a lungo termine, può avere delle conseguenze?

R. – Certamente! Purtroppo, questo è un altro problema di Paesi come l’Italia, la Spagna, la stessa Svezia: il fatto di avere questo canale d’ingresso principale per i giovani – cioè quello della temporaneità –ha conseguenze molto negative, perché spinge a ridurre qualsiasi investimento in capitale umano all’interno dell’impresa.

D. – Questo magari porta anche ad un ruolo accresciuto delle famiglie, su cui ricade anche il peso di giovani che spesso non sono in grado di mantenersi da soli …

R. – I lavoratori che hanno questi contratti, anche nei Paesi dove esistono dei sistemi di protezione sociale abbastanza sviluppati, non riescono – data la breve durata dei loro impieghi – ad accumulare quei periodi contributivi che danno loro accesso alle assicurazioni sociali, e quando poi le condizioni di disagio occupazionale si estendono è chiaro che anche la famiglia non può più di tanto supportare. Qui si tratta di fare proprio delle scelte pubbliche, cioè avere una classe politica e la classe dirigente, che nelle loro scelte pensino moltissimo a che Paese noi stiamo consegnando ai nostri figli. …







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