Congo: l'Onu prova il sostegno del Rwanda ai ribelli M23. Mons Kaboy: la gente è stremata
Il Rwanda ha accusato le forze governative della Repubblica Democratica del Congo
di aver sparato alcuni colpi di artiglieria contro il proprio territorio, causando
la morte di una donna e il ferimento di suo figlio. Le autorità di Kinshasa hanno
respinto le accuse rwandesi, mentre il Sottosegretario dell’Onu per le operazioni
di mantenimento della pace, Edmond Mulet, ha dichiarato di fronte al Consiglio di
Sicurezza del Palazzo di Vetro, di avere “informazioni credibili e coerenti” sul sostegno
dell’esercito rwandese ai ribelli dell’M23 nei combattimenti in corso a nord di Goma,
capoluogo del Nord-Kivu (est della Rdc). L’esercito congolese con l’appoggio della
Brigata d’Intervento dell’Onu sta conducendo da giorni un’offensiva contro l’M23.
In un comunicato inviato all'agenzia Fides il coordinamento della società civile nel
Nord Kivu ringrazia la Brigata d’Intervento dell’Onu e l’esercito nazionale per i
loro sforzi che hanno permesso di cacciare da alcune località gli uomini dell’M23.
La società civile organizzerà una veglia per i militari congolesi, i Caschi Blu e
i civili uccisi nei combattimenti e nei bombardamenti di Goma da parte dei ribelli
e dell’esercito rwandese. Intanto la nuova ed ennesima ondata di violenza nel nord
Kivu ha ormai finito per stremare la popolazione dopo due decenni di conflitti ricorrenti.
Maxime Bapsères ne parla con il vescovo di Goma, mons. Théophile Kaboy: R. - Il y a une
semaine où des bombes sont larguées sur la ville de Goma… Da una settimana, praticamente
ogni giorno cadono bombe su Goma. Anche adesso (ieri – ndr), mentre parlo, sento il
rumore delle esplosioni intorno alla città. Ci sono feriti e morti. Questo crea una
grande psicosi in città. La gente è come paralizzata, non ha più il coraggio di parlare
normalmente, è nervosa. Credo allora sia giunto il momento di alzare la voce e chiedere:
“In nome di Dio, lasciateci vivere!”.
D. - L’Onu ha inviato una missione nel
Paese: in che modo è intervenuta?
R. - La force est là, c’est vrai… È vero,
la missione c’è e c’è già da oltre due mesi, ma non è ancora intervenuta. La popolazione
però è esasperata e così ha iniziato anche a lanciare sassi contro la stessa forza
della Monusco. La popolazione soffre molto mentre i caschi blu sono, per così dire,
“immobili”. E per questo c’è grande tensione tra le due parti.
D. - Si ha l’impressione
che la popolazione manifesti la sua esasperazione nei riguardi di tutti…
R.
- La mort est partout présente… La morte è presente ovunque. E quindi, in una
situazione come questa, la popolazione chiede una sola cosa: pace. A questo sentimento
di disperazione, come Chiesa cerchiamo di rispondere dando sostegno e ripetendo loro:
“Dio non vi ha abbandonati”. Nelle nostre catechesi preghiamo, organizziamo Messe
per la pace e l’adorazione. Siamo lì e facciamo il possibile per incoraggiarli a rimanere
saldi nella fede e soprattutto per infondere la speranza che tutto questo finirà e
tornerà la calma. Lo speriamo.
D. - Vuole lanciare un appello a tutte queste
persone, ai ribelli in modo particolare?
R. - L’appel que nous faisons à tout
le monde… L’appello che rivolgiamo a tutti ancora una volta è questo: siamo tutti
figli di Dio. Dio non capisce perché ci combattiamo, quando su questa terra siamo
tutti di passaggio. Dobbiamo continuare a pregare per la pace. Mi rivolgo ai ribelli
e a tutti: la violenza porta violenza. Deponiamo le armi e dialoghiamo per individuare
le cose che non vanno. Questa guerra fratricida non ci porta a nulla. Al contrario,
è un’offesa a Dio Creatore che ci ha creato tutti.