Messa del Papa per gli Agostiniani: ampia sintesi dell'omelia
Papa Francesco ha presieduto la Messa nella Basilica romana di Sant’Agostino per l'apertura
del Capitolo generale degli Agostiniani. Alla celebrazione hanno preso parte Agostiniani
dai 5 continenti, religiose e consacrati che seguono la regola del vescovo di Ippona
e alcuni laici. Ha iniziato la sua omelia con questa citazione: “Ci hai fatti per
Te e inquieto è il nostro cuore finché non riposa in te” (Le Confessioni, I,1,1).
“Con queste parole, diventate celebri – ha detto - sant’Agostino si rivolge a Dio
nelle Confessioni, e in queste parole c’è la sintesi di tutta la sua vita. ‘Inquietudine’.
Questa parola mi colpisce e mi fa riflettere. Vorrei partire da una domanda: quale
inquietudine fondamentale vive Agostino nella sua vita? O forse dovrei piuttosto dire:
quali inquietudini ci invita a suscitare e a mantenere vive nella nostra vita questo
grande uomo e santo? Ne propongo tre: l’inquietudine della ricerca spirituale, l’inquietudine
dell’incontro con Dio, l’inquietudine dell’amore”.
Papa Francesco parte dall’inquietudine
della ricerca spirituale. “Agostino vive un’esperienza abbastanza comune al giorno
d’oggi, abbastanza comune tra i giovani d’oggi: viene educato dalla mamma Monica nella
fede cristiana, anche se non riceve il Battesimo, ma crescendo se ne allontana, non
trova in essa la risposta alle sue domande, ai desideri del suo cuore, e viene attirato
da altre proposte. Entra allora nel gruppo dei manichei, si dedica con impegno ai
suoi studi, non rinuncia al divertimento spensierato, agli spettacoli del tempo, intesse
amicizie, conosce l’amore intenso e intraprende una brillante carriera di maestro
di retorica che lo porta fino alla corte imperiale di Milano. Agostino è un uomo ‘arrivato’,
ha tutto, ma nel suo cuore rimane l’inquietudine della ricerca del senso profondo
della vita; il suo cuore non è addormentato, direi non è anestetizzato dal successo,
dalle cose, dal potere. Agostino non si chiude in se stesso, non si adagia, continua
a cercare la verità, il senso della vita, continua a cercare il volto di Dio. Certo
commette errori, prende anche vie sbagliate, pecca, è un peccatore; ma non perde l’inquietudine
della ricerca spirituale. E in questo modo scopre che Dio lo aspettava, anzi, che
non aveva mai smesso di cercarlo per primo. Vorrei dire a chi si sente indifferente
verso Dio, verso la fede, a chi è lontano da Dio o l’ha abbandonato, anche a noi,
con le nostre ‘lontananze’ e i nostri ‘abbandoni’ verso Dio, piccole forse, ma ce
ne sono tante nella vita quotidiana: guarda nel profondo del tuo cuore, guarda nell’intimo
di te stesso, e domandati: hai un cuore che desidera qualcosa di grande o un cuore
addormentato dalle cose? Il tuo cuore ha conservato l’inquietudine della ricerca o
l’hai lasciato soffocare dalle cose, che finiscono per atrofizzarlo? Dio ti attende,
ti cerca: che cosa rispondi? Ti sei accorto di questa situazione della tua anima?
Oppure dormi? Credi che Dio ti attende o per te questa verità sono soltanto ‘parole’?”.
Quindi prosegue: “In Agostino è proprio questa inquietudine del cuore che
lo porta all’incontro personale con Cristo, lo porta a capire che quel Dio che cercava
lontano da sé, è il Dio vicino ad ogni essere umano, il Dio vicino al nostro cuore,
più intimo a noi di noi stessi. Ma anche nella scoperta e nell’incontro con Dio, Agostino
non si ferma, non si adagia, non si chiude in se stesso come chi è già arrivato, ma
continua il cammino. L’inquietudine della ricerca della verità, della ricerca di Dio,
diventa l’inquietudine di conoscerlo sempre di più e di uscire da se stesso per farlo
conoscere agli altri. E’ proprio l’inquietudine dell’amore. Vorrebbe una vita tranquilla
di studio e di preghiera, ma Dio lo chiama ad essere Pastore ad Ippona, in un momento
difficile, con una comunità divisa e la guerra alle porte. E Agostino si lascia inquietare
da Dio, non si stanca di annunciarlo, di evangelizzare con coraggio, senza timore,
cerca di essere immagine di Gesù Buon Pastore che conosce le sue pecore (cfr Gv 10,14),
anzi, come amo ripetere, che ‘sente l’odore del suo gregge’ ed esce a cercare quelle
smarrite. Agostino vive quello che san Paolo indica a Timoteo e a ciascuno di noi:
annuncia la parola, insisti al momento opportuno e non opportuno, annuncia il Vangelo
con il cuore magnanimo, grande (cfr 2 Tm 4,2) di un Pastore che è inquieto per le
sue pecore. Il tesoro di Agostino è proprio questo atteggiamento: uscire sempre verso
Dio, uscire sempre verso il gregge… è un uomo in tensione con queste due uscite ...
non ‘privatizzare’ l’amore… sempre in cammino!" Sempre inquieto! - ha proseguito -
"E questa è la pace dell’inquietudine. Possiamo domandarci: sono inquieto per Dio,
per annunciarlo, per farlo conoscere? O mi lascio affascinare da quella mondanità
spirituale che spinge a fare tutto per amore di se stessi? Noi consacrati pensiamo
agli interessi personali, al funzionalismo delle opere, al carrierismo … mah, tante
cose possiamo pensare … Mi sono per così dire ‘accomodato’ nella mia vita cristiana,
nella mia vita sacerdotale, nella mia vita religiosa, anche nella mia vita di comunità,
o conservo la forza dell’inquietudine per Dio, per la sua Parola, che mi porta ad
‘andare fuori’, verso gli altri?”.
Il Papa fa poi riferimento all’ultima inquietudine,
l’inquietudine dell’amore: “Qui non posso non guardare alla mamma, questa Monica.
Quante lacrime ha versato quella santa donna per la conversione del figlio! E quante
mamme anche oggi versano lacrime perché i propri figli tornino a Cristo! Non perdete
la speranza nella grazia di Dio! Nelle Confessioni leggiamo questa frase che un vescovo
disse a santa Monica, la quale chiedeva di aiutare suo figlio a ritrovare la strada
della fede: ‘Non è possibile che un figlio di tante lacrime perisca’ (III,12,21).
Lo stesso Agostino, dopo la conversione, rivolgendosi a Dio, scrive: ‘per amore mio
piangeva innanzi a te mia madre, tutta fedele, versando più lacrime di quante ne versino
mai le madri alla morte fisica dei figli’ (ibid., III,11,19). Donna inquieta, questa
donna!". E "Agostino - prosergue il Papa - è erede di Monica, da lei riceve il seme
dell’inquietudine. Ecco, allora, l’inquietudine dell’amore: cercare sempre, senza
sosta, il bene dell’altro, della persona amata, con quella intensità che porta anche
alle lacrime. Mi vengono in mente Gesù che piange davanti al sepolcro dell’amico Lazzaro,
Pietro che, dopo aver rinnegato Gesù ne incontra lo sguardo ricco di misericordia
e di amore e piange amaramente, il Padre che attende sulla terrazza il ritorno del
figlio e quando è ancora lontano gli corre incontro; mi viene in mente la Vergine
Maria che con amore segue il Figlio Gesù fino alla Croce. Come siamo con l’inquietudine
dell’amore? Crediamo nell’amore a Dio e agli altri o siamo nominalisti in questo?
Non in modo astratto, non solo le parole, ma il fratello concreto che incontriamo,
il fratello che ci sta accanto! Ci lasciamo inquietare dalle loro necessità o rimaniamo
chiusi in noi stessi, nelle nostre comunità, che molte volte è per noi ‘comunità-comodità’?
A volte si può vivere in un condominio senza conoscere chi ci vive accanto; oppure
si può essere in comunità, senza conoscere veramente il proprio confratello: con dolore
penso ai consacrati che non sono fecondi, che sono ‘zitelloni’. L’inquietudine dell’amore
spinge sempre ad andare incontro all’altro, senza aspettare che sia l’altro a manifestare
il suo bisogno.L’inquietudine dell’amore ci regala il dono della fecondità pastorale,
e noi dobbiamo domandarci – ognuno di noi – come va la mia fecondità spirituale, la
mia fecondità pastorale?
Papa Francesco conclude così la sua omelia: “Chiediamo
al Signore per voi, cari Agostiniani, che iniziate il Capitolo Generale, e per noi
tutti, che conservi nel nostro cuore l’inquietudine spirituale di ricercarlo sempre,
l’inquietudine di annunciarlo con coraggio, l’inquietudine dell’amore verso ogni fratello
e sorella. Così sia”.