Karzai in Pakistan per rilanciare il processo di pace con i talebani
Colloquio ieri a Kabul tra il presidente afghano, Hamid Karzai, e il premier italiano
Letta, giunto per salutare le truppe italiane in Afghanistan. Oggi Karzai si reca
nella capitale del Pakistan, Islamabad. Obiettivo della missione è il rilancio del
processo di pace con i talebani, grazie anche al contributo del governo pakistano.
Ma qual è il clima in cui avviene questo incontro, a meno di un anno dalla smobilitazione
delle truppe Nato dall’Afghanistan? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Riccardo
Redaelli, docente di Geopolitica all’Università Cattolica di Milano:
R. – I rapporti
tra Karzai e Pakistan sono pessimi, un po’ per l’atteggiamento di Islamabad, che
è assolutamente non collaborativo e continua a sostenere parte della galassia dei
talebani, e un po’ perché a Karzai fa anche comodo caricare sul Pakistan molte colpe
e molti dei fallimenti del suo governo. Vi è una pressione, da tempo, da parte della
Nato e soprattutto da parte di Washington, perché questa ostilità si riduca e quindi
si tengono periodicamente questi incontri. Il nodo fondamentale è come includere il
Pakistan in un negoziato tra talebani e governo di Kabul, senza che, da un lato Karzai
lo veda come un’interferenza eccessiva, senza dare troppo potere al Pakistan, ma anche
senza emarginarlo: infatti, se c’è una cosa che è chiara, è che, senza l’accordo del
Pakistan, non vi potrà mai essere alcuna intesa credibile tra talebani e il governo
di Kabul.
D. – In che modo è possibile un inserimento dei talebani nelle istituzioni
afghane, vista l’ideologia fondamentalista che in passato ha caratterizzato questo
movimento?
R. – I talebani sono una realtà molto composita. Sotto questa etichetta
c’è di tutto: dalla vecchia guardia ideologizzata, legata al mullah Omar, a gruppi
tribali che agiscono sul territorio, a capi pashtun delle province insoddisfatte …
insomma, c’è un po’ di tutto. Esiste un nucleo irriducibile, che io credo non sia
possibile coinvolgere, perché sarebbe smentire tutto quello che è stato fatto in 12
faticosissimi e anche sanguinosi anni di sostegno al nuovo Afghanistan, ma esiste
tutta una serie di capi tribali, di comandanti, di milizie che possono essere, in
qualche modo, integrate. Certo, non è la soluzione ottimale, ma – come è ormai chiaro
– la vittoria militare sui talebani non la si può avere. C’è una "instabile stabilità",
ma questo non può andare avanti all’infinito; è evidente che bisognerà ottenere un
accordo, non credo con tutti i talebani; più probabile invece il tentativo di coinvolgere
gruppi locali talebani. Per certo, la condizione delle donne, la condizione dei diritti
degli afghani non migliorerà sicuramente, da un accordo del genere.