2013-08-24 15:01:35

Siria: vertice in corso a Washington. L'Iran: "No a interventi militari"


In Siria, governo e ribelli si accusano reciprocamente da giorni dell’uso di armi chimiche. La questione divide anche le diplomazie internazionali. Secondo il ministro degli Esteri francese, Fabius, tutto indica che c’è stato “un massacro chimico nei pressi di Damasco e che il regime di Assad ne è all’origine”. Il ministro ha dunque prospettato “una reazione forte”. Ma la tv di Stato siriana ha ribattuto accusando i ribelli di un nuovo attacco chimico nella regione di Damasco, nelle scorse ore. Il governo iraniano ha inoltre parlato di “prove” secondo cui i ribelli possiederebbero e avrebbero utilizzato armi di questo tipo e ha messo in guardia contro “qualsiasi intervento armato” in Siria. E la regione mediorientale, scossa anche dagli attentati di ieri a Tripoli, in Libano, costati la vita a quasi 50 persone, è l’oggetto di un vertice in corso tra il presidente statunitense Barack Obama e i suoi consiglieri. “Tutte le opzioni sono in campo”, secondo la Casa Bianca. Sugli scenari che si aprono nell’area, Davide Maggiore ha raccolto il commento di Antonio Ferrari, editorialista del Corriere della Sera:RealAudioMP3

R. – E’ tutto esplosivo e tutto ancora incerto, nonostante le pressioni della Gran Bretagna ma soprattutto della Francia: le pressioni della Francia somigliano molto a quelle che ai tempo di Sarkozy si fecero contro la Libia, ma una guerra in Siria sarebbe veramente devastante. Anche per gli Stati Uniti, qualora si dovesse decidere per un intervento armato, si rischierebbe non solo di compromettere tutti i precari equilibri della regione, ma di favorire chiaramente e apertamente un fronte sunnita con all’interno componenti estremiste. E quello che sta accadendo in Libano sta dimostrando che lo scontro è ormai diventato uno scontro assai più preoccupante tra sunniti e sciiti.

D. – Appunto, la situazione del Libano si può descrivere come una situazione di incertezza completa: quali scenari si aprono?

R. – Purtroppo, il coinvolgimento del Libano è – come è sempre stato – come terreno di scontro per conto terzi: nell’area di Tripoli, dove c’è una forte componente sunnita e dove anche sono barricati i sostenitori delle forze di opposizione siriane, il rischio di una proliferazione di attentati è altissimo e per il Libano sarebbe ancora una volta il precipitare in una situazione di guerra.

D. – Le notizie che arrivano dal Libano, negli ultimi giorni, non hanno riguardato solamente il Nord libanese, dunque l’area di Tripoli, ma anche il Sud, quindi il confine con Israele. Quale ruolo può avere Israele in questo scenario che abbiamo descritto?

R. – Israele era enormemente preoccupato della situazione egiziana: per Israele, il rischio di un Egitto destabilizzato era altissimo! L’Egitto confina – lo sappiamo – con la Striscia di Gaza e un regime molto possibilista e molto "tenero" nei confronti di Hamas avrebbe creato problemi nel suo meridione. Israele è preoccupato per la situazione siriana: se per l’Egitto oggi Israele è più garantito con la presenza dei militari di al-Sisi, in Siria – tutto sommato – meglio per Israele un Bashar al-Assad che lasciare il Paese nelle mani di una maggioranza sunnita dentro la quale sono ben evidenti forze estremiste, pericolose per lo Stato ebraico. Il segnale che è arrivato da Hezbollah con il lancio di qualche razzo nel Nord di Israele, con immediata risposta dello Stato ebraico, lascia intendere che nel caso di allargamento del conflitto torneremo a scenari che pensavamo definitivamente cassati: cioè gli scenari dell’inizio degli anni Ottanta.

D. – C’è un arco di instabilità regionale che ormai va dal Nord della Siria fino a tutto l’Egitto. In questo scenario esiste una qualche forza – statale o non statale – che possa beneficiare della situazione o uscirne rafforzata?

R. – Come abbiamo visto, ci sono delle scomposizioni molto strane. Per esempio, il Qatar, assieme all’Arabia Saudita, ha sostenuto il presidente egiziano Morsi, però dopo quanto è accaduto il 3 luglio il Qatar continua a sostenere Morsi mentre l’Arabia Saudita è passata a sostenere al-Sisi. Allora, abbiamo un fronte sunnita che guarda molto ad una nuova stabilità, guidato dall’Arabia Saudita, quindi sicuramente di questa situazione potranno beneficiare i sauditi. Certo, i sauditi vogliono cacciare Bashar al Assad, quindi direi che già è difficile capire il presente e fino a quando non si saranno sciolti certi nodi sarà quasi impossibile predire il futuro …







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