"Padre Pepe" dall'amico Francesco: "L'ho visto ringiovanito, con molta voglia di fare
e servire la Chiesa"
Papa Francesco ha ricevuto in udienza padre Josè Maria Di Paola, conosciuto
da tutti come “padre Pepe”. Il sacerdote argentino che vive in una delle favelas di
Buenos Aires, ha portato avanti il suo impegno per gli emarginati nonostante pesanti
minacce di morte da parte dei narcotrafficanti che il sacerdote ha denunciato con
coraggio. Luca Collodi ha intervistato "padre Pepe" dopo l’incontro con il
Papa:
D. - Padre Pepe,
come ha trovato Papa Francesco?
R. - La verità è che è stato un incontro molto
emozionante per me. Non lo vedevo da quando è andato via da Buenos Aires. Per me è
strano vederlo così, ma nello stesso tempo veramente è stato molto emozionante vederlo
come Papa. Sta molto bene. L’ho visto con molta energia e con molta forza. Ringiovanito.
Così tornerò in Argentina molto contento, perché sebbene sia grande la responsabilità
che ha di guidare la Chiesa, lo vedo con la forza necessaria per farlo.
D.
- Papa Francesco ha nostalgia dell’Argentina e di Buenos Aires?
R. - Credo
di no. Credo che lui sa qual è il suo presente. Ho portato il thermos, ho portato
il mate e l’abbiamo bevuto. Lui è contento quando si parla di Buenos Aires e dell’Argentina,
però sa che il suo presente è qui, al servizio di tutta la gente. Di questo è consapevole,
ma certamente non dimentica le sue radici.
D. - Da arcivescovo di Buenos Aires
a pastore della Chiesa Universale. Come è cambiato Papa Bergoglio ?
R. - Fondamentalmente
lo vedo uguale. Anche da come ci riceve, perché quando andavamo alla curia di Buenos
Aires ci veniva incontro con semplicità. Aveva una scrivania e nient’altro e poi
ci accompagnava personalmente per salutarci. Questa semplicità si vede anche in Vaticano.
Continua ad essere lo stesso uomo, cioè non un principe della Chiesa ma un servitore
della Chiesa. E questa caratteristica è sempre stata molto presente nella sua persona.
Questo è ciò che ci ha sempre incoraggiato. Vedo anche che c’è una continuità, perché
pensa in modo permanente alle persone, specialmente quelle più bisognose, e vuole
avere un rapporto molto vicino con loro. Ecco, in sostanza, lo vedo uguale e con molta
energia, con molta voglia di fare. Lo vedo veramente rivitalizzato.
D. - Ha
portato al Papa molte lettere, anelli e rosari da benedire. La gente lo ricorda con
affetto a Buenos Aires?
R. - Sì, ho portato tante cose senza aver fatto alcuna
pubblicità. La gente che veniva a sapere della mia visita al Papa mi diceva: “Questo
è per Papa Francesco”. Ho portato al Papa lettere di gente malata, libri, tra cui
il libro che ha fatto il "Gruppo di recupero" di tossicodipendenti delle "villas"
che ha compiuto 5 anni: infatti, non si dimenticano che lui ne è stato il fondatore,
perché ha lavato i piedi, il Giovedì Santo di 5 anni fa, a 12 giovani. E ho portato
le lettere di due di questi giovani a cui, l’allora arcivescovo Bergoglio, ha lavato
i piedi e che oggi hanno una vita nuova, un lavoro, la loro famiglia, e sono eternamente
grati al Papa. Per questo volevamo che Francesco ricevesse questo libro, il primo
numero uscito dalla stampa, ancora fresco di inchiostro. Certo, ho portato tante altre
cose e credo che in quella valigia ci fossero tanti sentimenti di tanta gente.
D.
- Il Papa continua a seguire il lavoro che fate nella periferia di Buenos Aires con
i giovani?
R. - Lui vuole che noi continuiamo a lavorare. Credo veramente che
il modo migliore di servire il Papa da parte nostra sia quello di essere fedeli al
suo lavoro, come prima. E anche di contribuire, con la nostra gente e l’esperienza
maturata con il Papa, ad incoraggiare altri sacerdoti a vivere nelle periferie. Sappiamo
che sono in tanti a farlo in diverse parti del mondo, però bisogna incoraggiarli,
perché è una testimonianza evangelica per tutti. Non solo per chi vive nella periferia,
ma anche per chi ci va. Può essere un’unione di due mondi che ogni tanto sono separati
a causa della società materialista e individualista. Bergoglio, quando era a Buenos
Aires, guardava la città dalla periferia. Questo sguardo di Bergoglio è il grande
contributo alla Chiesa di Buenos Aires.
D. - Padre Pepe, ha portato una maglietta,
“una camiseta”, dell’Atletico Huracàn al Papa. Ma il Papa come ha reagito, essendo
della squadra concorrente del San Lorenzo? L’ha ricevuta con sportività?
R.
- Sì, la sua generosità è arrivata anche lì. Ha accettato la maglietta dell’Huracàn,
che è la squadra concorrente del San Lorenzo, un rivale eterno. E sempre, in Argentina,
i tifosi dell’Huracàn e del San Lorenzo discutono: sono rivali! E da quando è diventato
Papa, ci sono ovunque bandiere del San Lorenzo, magliette del San Lorenzo e, ciò mi
dà un po’ di fastidio. Allora, la dirigenza dell’Huracàn mi ha detto: “Pepe tu che
sei dell’Huracàn, perchè non porti al Papa qualcosa di nostro, la maglietta, una lettera?”.
Così ho portato al Papa la maglietta della squadra "migliore"...
D. - Il Papa,
come sportivo, è anche un intenditore di calcio, di tecnica e di tattica di calcio?
R.
- Sì, e l’applica alla Chiesa. Il Papa è un bravo direttore tecnico...