Fukushima: nuovi timori per la centrale nucleare, un serbatoio perde acqua radioattiva
Torna l’allarme per la centrale nucleare giapponese di Fukushima, danneggiata da uno
tsunami nel 2011: da giorni una cisterna perde acqua altamente radioattiva. Circa
300 tonnellate hanno già contaminato il terreno all’esterno dell’impianto. La società
che gestisce l’impianto, Tepco, parla di “problema di primaria importanza”. Sui possibili
rischi, Davide Maggiore ha intervistato Francesco Troiani, presidente
di Nucleco, organismo che si occupa della gestione dei rifiuti nucleari in Italia:
R. - L’evento
è abbastanza grave: questa è l’acqua che è stata usata per raffreddare il “nocciolo”
del reattore dopo l’incidente di due anni fa e che è stata stoccata in questi enormi
serbatoi. La gravità sta nel fatto che i serbatoi normalmente sono messi dentro grandi
vasche, in modo tale che possibili perdite siano contenute all’interno delle vasche;
in questo caso, il serbatoio ha avuto una perdita e la vasca non ha assolto la sua
funzione di contenimento. L’acqua sembrerebbe essere fuoriuscita all’esterno, quindi
assorbita dal terreno circostante. Si è tentato di recuperare parte dell’acqua, ma
con scarso successo; evidentemente il terreno era abbastanza permeabile per cui l’acqua
è stata assorbita rapidamente.
D. – Tra l’altro, in passato, proprio per quanto
riguarda la centrale di Fukushima si sono verificati episodi di iniziale minimizzazione
del danno che poi invece si è verificato essere più consistente…
R. – Questo
era successo subito dopo il primo incidente – quello durante il terremoto – dove la
Tepco – società che gestisce gli impianti – aveva sempre minimizzato; addirittura,
in alcune circostanze, era stata anche reticente verso l’autorità di sicurezza. Le
cose poi sono state chiarite abbastanza rapidamente tra le autorità locali governative
e la stessa agenzia. Al momento, questo rischio forse non c’è. Più che altro, credo
che ci sia un altro tipo di problema: questi tipi di incidenti sono sempre difficili
da gestire e valutare a priori - perlomeno nelle prime fasi - perché sono abbastanza
inusuali. Non so se la Tepco in questo momento stia minimizzando o meno, però lo scenario
descritto sembra abbastanza plausibile.
D. – Un’altra dimensione che va tenuta
presente è quella dei rischi di lungo periodo…
R. – E’ chiaro che la situazione
è abbastanza complessa: bisogna gestire diverse decine di migliaia di metri cubi d’acqua
radioattiva, da trattare – decontaminare – e quindi rilasciare. Credo che comunque
il problema sia circoscritto all’interno dell’area di impianto; a meno che l’acqua
non prenda la via della falda allargandosi al di fuori del perimetro dell’impianto.
C’è da dire però che l’impianto si trova sul mare e probabilmente la via di fuga dell’acqua
radioattiva potrebbe essere proprio il mare. C’è la possibilità quindi che possa dirigersi
verso l’interno, verso le zone abitate, per quanto siano ancora evacuate. Il rischio
potrebbe essere abbastanza contenuto; tutto dipende da come si muove la falda sotterranea.
D.
– Abbiamo citato l’area coinvolta dall’incidente del 2011 che è tutt’ora evacuata;
ma dal punto di vista scientifico è possibile fare una valutazione di quanto e quando
sarà possibile recuperare quest’area per una vita normale?
R. – L’area verso
l’interno – la zona est – già qualche mese dopo l’incidente aveva livelli di radioattività
abbastanza bassi. C’era una striscia che andava verso nord-est, verso la Corea – dove
probabilmente il “pennacchio” radioattivo aveva avuto il suo massimo “fall-out” –
dove risultavano valori un po’ più alti. Credo che il non ritorno della gente verso
quelle aree sia una dovuta cautela, in quanto i quattro reattori coinvolti non sono
stati ancora messi completamente in sicurezza, o comunque l’incidente non è stato
risolto, per cui in qualunque momento può succedere – come in questo caso – uno sversamento,
o un rilascio di radioattività. Evidentemente le autorità giapponesi hanno ritenuto
opportuno mantenere evacuata l’area fino a quando non ci sarà la totale sicurezza
che eventi di questo genere non possano ripetersi.