Inefficaci e umanamente inaccettabili, i Cie visti dai "Medici per i Diritti Umani"
Isola Capo Rizzuto non deve essere visto come un caso locale, ma nazionale. E’ l’indicazione
data dal ministro per l’integrazione, Cecile Kyenge, in visita in Calabria, a proposito
della situazione nel Centro di identificazione ed espulsione in provincia di Crotone,
devastato nei giorni scorsi dopo una protesta degli ospiti per la morte, il 10 agosto
scorso, per cause ancora da chiarire, di un migrante marocchino di 31 anni. E’ importante,
ha aggiunto la Kyenge, “aprire con il Viminale, che si occupa di queste situazioni,
un fronte di discussione". Nel gennaio scorso a visitare il Cie di Crotone era
stata una delegazione di Medici per i Diritti Umani (Medu) che aveva poi inserito
una relazione nella ricerca Arcipelago Cie. Oggi Medu interviene nuovamente, definendo
insostenibile il sistema dei Centri di Identificazione ed Espulsione. Francesca Sabatinelli
ha intervistato Maria Rita Peca, di "Medici per i Diritti Umani", tra i curatori dell’indagine
Arcipelago Cie: R. – Questa notizia
ci lascia costernati, ma non ci giunge come fulmine a ciel sereno, perché è la naturale
conseguenza di quello che sono oggi i Cie: strutture di carattere detentivo in cui
– a nostro parere – non viene garantito il rispetto della dignità e dei diritti umani
fondamentali delle persone trattenute.
D. – A proposito di Crotone, di questo
Cie nello specifico, cosa avevate segnalato nel vostro rapporto?
R. – Anzitutto,
si descriveva una struttura assolutamente inadeguata perché si tratta, come nella
maggior parte dei casi, di vere e proprie gabbie. Nel caso di Crotone, la gabbia era
uno spazio ancora più angusto e ristretto, perché anche gli stessi spazi di trattenimento
– e quindi di vita – dei migranti erano suddivisi in ulteriori gabbie al loro interno,
senza possibilità di accesso a spazi comuni. Cioè, anche alla mensa – che era l’unico
spazio comune – si accedeva in modo alternato. Dopodiché, lo stato apparente era quello
di una situazione di semi-abbandono. Il Cie di Crotone, nel momento della nostra visita,
non era stato visitato da alcuna organizzazione esterna, soprattutto non vi erano
degli enti di tutela che operassero al suo interno come invece accade all’interno
di altri Cie. Quindi, appariva come un luogo completamente chiuso e isolato e con
condizioni di altissima tensione. C’è da dire che queste condizioni di vita, particolarmente
gravi e restrittive, sono dovute anche al fatto che il Cie di Crotone viene gestito
dalla Misericordia con un budget giornaliero per trattenuto di 21,4 euro, cioè il
più basso di tutti i Cie d’Italia. In queste condizioni di privazione della libertà,
restrizioni e spazi angusti, carenza di servizi a causa del ribasso dei bandi d’asta,
l’insieme di queste condizioni genera fortissime tensioni e uno stato di grave carenza
che può ingenerare facilmente situazioni di questo tipo, che ci fanno disperare ma
che non ci sorprendono.
D. – Medu – e non soltanto Medu – da sempre chiede
che si superi l’istituzione del Cie, che si utilizzino nuovi strumenti per affrontare
la questione dell’immigrazione irregolare. Voi avete qualche speranza che con il governo
Letta si superi questo stato di cose?
R. – Abbiamo la profonda speranza, ma
non sappiamo quanto sia razionale, in questo momento, questa speranza. Certamente,
speriamo in alcune modifiche, non riusciamo ad immaginare uno stravolgimento, anche
perché il sistema della detenzione amministrativa è un sistema che vige in tutti i
Paesi europei. Immaginiamo, quindi, difficile un’uscita dal panorama europeo. Quello
che però immaginiamo e speriamo è, quantomeno, una riduzione dei tempi massimi di
trattenimento che ora sono assolutamente ingiustificabili: 18 mesi, parliamo quindi
di una misura che non è più finalizzata a realizzare l’allontanamento e l’espulsione,
bensì assume un carattere ormai punitivo, potremmo dire. Quindi, speriamo in una riduzione
dei tempi di trattenimento, riportandola al massimo di 30 + 30 giorni, come era all’inizio,
poi, sicuramente, auspichiamo un miglioramento della qualità dei servizi e delle condizioni
di vita all’interno dei Cie ed un maggiore controllo, una minore extraterritorialità
di queste strutture che sono, anche dal punto di vista sanitario, del tutto distaccate
dal territorio e fuori controllo, intendo dire che l’assistenza sanitaria all’interno
dei Cie spetta ai medici reclutati dall’ente gestore, e quindi non c’è alcun controllo
e alcuna possibilità di accesso dalla parte dei servizi sanitari territoriali, delle
Asl, fatto – questo – di estrema gravità, dal nostro punto di vista. I Cie sono uno
strumento totalmente irrilevante nel contrasto dell’immigrazione irregolare, massimamente
afflittivo e non garante del rispetto della dignità e dei diritti fondamentali, quindi
noi speriamo, auspichiamo, un superamento. In questo momento, quello che possiamo
aspettarci da questo governo è almeno una modifica di alcuni punti gravissimi e sostanziali
di questo sistema.