Nuovo round di negoziati tra il governo colombiano e le Farc
Il governo colombiano e la guerriglia comunista delle Farc aprono questo lunedì un
nuovo ruond di negoziati all’Avana. Dallo scorso novembre, infatti, le due delegazioni
discutono in un territorio neutrale, Cuba, per giungere a un accordo di pace dopo
oltre 40 anni di conflitto. Intanto, lo stesso presidente colombiano Juan Manuel Santos
si è detto disposto ad incontrare i vertici del movimento, ma sul tappeto sono ancora
molti i nodi irrisolti e i veti incrociati che ostacolano la trattativa. Marco
Guerra ne ha parlato con Loris Zanatta, docente di Storia dell'America
Latina all'Università di Bologna:
R. – Effettivamente
gli ostacoli sono immensi. Tutto fa pensare che prima delle elezioni presidenziali
dell’anno prossimo in Colombia non ci saranno sostanziali passi in avanti. Per ora
le cose vanno avanti su due binari: quello ufficiale dei negoziati, dove qualche piccolo
passo è stato compiuto; e quello delle dichiarazioni e delle azioni - al di fuori
dei tavoli di negoziato - sia del governo sia delle Farc, che tendono a remare contro
i successi ottenuti al tavolo dei negoziati.
D. – Però molti analisti parlano
di un cambio di vedute tra i vertici del movimento e tra i vertici dello Stato colombiano…
E’ così?
R. – E’ difficile dire fino a che punto ci sono cambiamenti di vedute.
Bisogna considerare che da un lato la guerriglia gioca ad apparire popolare nel Paese
e quindi cerca di ottenere vantaggi molto elevati nel momento in cui dovesse reintegrarsi
alla vita politica. Tutti i sondaggi però dicono che l’80% della popolazione colombiana
è stanca della guerriglia ed è quindi anche contraria a fare concessioni di privilegi
ai guerriglieri una volta rientrati in politica. Per quello che riguarda il governo,
il grande problema attualmente è la scarsa popolarità del presidente Santos che dovrà
decidere se candidarsi per un nuovo mandato – cosa che deciderà a novembre prossimo
– oppure se rinunciare. Finché però non si chiarirà il futuro politico del governo
colombiano e del suo presidente attuale, sarà difficile che lo stallo possa essere
spezzato.
D. – Chi sono i principali sostenitori di questo processo di pace?
R.
– A livello internazionale c’è un sostegno generale verso il processo di pacificazione.
È veramente anacronistico ed assurdo in un Paese come la Colombia, in un contesto
oramai ampiamente democratizzato qual è quello dell’America Latina ed in un Paese
che sta crescendo a regimi economici straordinari, che ha veramente davanti a sé delle
prospettive straordinarie. E' veramente anacronistico che la Colombia continui ad
essere “piagata” – nonostante i grandi problemi strutturali, di natura economica e
sociale – da un fenomeno che non ha più senso in America Latina. Quindi, il sostegno
internazionale è molto ampio, però poi quando si scende nel concreto – chi deve concedere
cosa – la faccenda diventa molto più problematica. Per esempio: la guerriglia deve
pagare dazio in termini giuridici o no? Deve avere possibilità di accedere in Parlamento
anche a prescindere dalla propria popolarità - quindi va creata una nicchia di rappresentanza
- oppure no? Sono temi molto concreti; come chi e quando deve abbandonare le armi…
Intanto la guerriglia continua; recentemente c’è stato un attentato verso l’esercito
che è costato la vita a 20 militari. Le azioni sul campo quindi contraddicono e tante
volte ostacolano i piccoli passi che sono stati fatti su alcuni punti nei processi
negoziali.