Intimidazioni camorriste contro sacerdote a Caserta. Don Giaquinto: "Vado avanti"
Terza intimidazione in due mesi a Casagiove in provincia di Caserta per don Stefano
Giaquinto, il parroco che dal pulpito ha più volte fatto nomi e cognomi di camorristi,
denunciando traffico di droga, pizzo e illegalità. Nella notte di ferragosto un rogo
è stato appiccato davanti al centro per tossicodipendenti “Il Nazareno” legato alla
parrocchia di Santa Maria della Vittoria. “Non mi fermeranno , credo in una Chiesa
che denuncia per annunciare” spiega don Giaquinto al microfono di Paolo Ondarza:
R. - Io sono
un prete e non faccio niente di straordinario; sono cose ordinarie. “Io sono un povero
viandante in questa vigna”, come diceva il Papa emerito, in questa terra bella che
è il Mezzogiorno. Io dico questo alla gente: “Non lasciatevi rubare la speranza”,
perché la camorra è un piccolo numero, noi siamo più della camorra! Noi siamo di più
di coloro che vendono morte, di chi fa la tratta… noi siamo più di loro, perché a
capo della nostra squadra c’è un coach che - torno a dirvelo con il cuore - è Gesù
di Nazareth, un giovane che - vogliate o non vogliate - è stato il primo diffidato
della storia.
D. - Lei ha denunciato in passato, e continua a farlo. Non ha
mancato di fare nomi, e forse è questo che più di tutto ha dato fastidio …
R.
- Certo. Quando dall’altare si fanno i nomi e cognomi si dà fastidio. Come faccio
a dire Messa se a quattro passi, a un chilometro, a dieci chilometri, a venti chilometri
si vende morte? Venti giorni fa hanno fatto un blitz e hanno sequestrato otto chili
di droga: cocaina purissima. Il Papa ci dice: “Dovete sentire l’odore del vostro gregge”;
noi dobbiamo avere la forza di denunciare per annunciare. Ma se non annunciamo nelle
nostre strutture … - Io amo la Chiesa! La amo da morire! - abbiamo fallito.
D.
- Se la denuncia provoca minacce questo non deve fermare …
R. - Noi siamo preti.
Noi abbiamo fatto una scelta radicale. Quel giovane di 33 anni, si è fatto appendere
all’albero della vergogna, si è fatto mettere in croce! Noi, come Chiesa dobbiamo
andare dove si trovano questi ragazzi; non dobbiamo aspettare che vengano da noi,
a casa nostra. E non basta - faccio il mea culpa - avere tanti giovani di questo
movimento o di quell’associazione. No! Gli altri giovani, perché non frequentano?
Ci dobbiamo chiedere questo. Oggi, la camorra è l’unico esercito, l’unica azienda
che arruola.
D. - Don Stefano, lei in soli due mesi ha ricevuto tre intimidazioni.
C’è addirittura chi è entrato armato in chiesa. E nonostante questo, lei ha rifiutato
la scorta …
R. - Lo dico con tutto il cuore, ma quale scorta! Io sono prete!
Sono un prete e devo fare il prete. La gente è la mia compagnia; i giovani sono i
miei pilastri. Io faccio il prete!
D. - E la sua gente ha bisogno delle parole
che lei rivolge loro. E lo si vede dalla Messe che sono affollatissime. Anche l’ultima
in occasione della Festa dell’Assunta … La chiesa non è stata sufficiente, avete dovuto
celebrare la Messa all’aperto … C’erano più di mille persone.
R. - Sì. Soprattutto
giovani. La chiesa è sulla strada. Guardi, le faccio velocemente un esempio banale:
quando si diventa preti, la propria parrocchia qual è? La propria parrocchia - come
quella di tutti i battezzati - si chiama strada. La strada è la nostra parrocchia!
Dobbiamo andare lì, in quella strada, in quei viottoli, là dentro come ha fatto Papa
Francesco, nell’ultimo viaggio con i giovani. Quell’uomo vestito di bianco, con quella
borsa nera, nelle zone povere del Brasile, nelle favelas, non immaginate come sacerdote
che ricarica spirituale sia stata per me! Per me quell’uomo è la benzina spirituale!
D.
- “Credo in una Chiesa che denuncia per annunciare”. Questo è quello che lei ha detto.
Oltre alla denuncia lei, da sempre, è impegnato anche in attività di formazione, di
educazione all’interno della sua parrocchia. Pensiamo anche alle attività di raccolta
differenziata che ha avviato…
R. - Certo. Abbiamo una squadra che aiuta le
famiglie, quelle famiglie che riescono a fare più o meno la raccolta, pensiamo agli
anziani ... Pensi che abbiamo fatto una raccolta di plastica per sette mesi e la somma
che abbiamo ricavato l’abbiamo destinata ai poveri.
D. – In diciotto anni di
sacerdozio ha sperimentato la conversione di persone che appartenevano alla camorra?
R.
- Ho sperimentato tante bellezze; per questo non mi tiro indietro. Le racconto un
episodio: un boss di camorra, appena uscito venne a confessarsi. Ora, la moglie è
impegnata attivamente nella parrocchia insieme ai figli.
D. - E questo dà molto
fastidio alla camorra…
R. - A me non interessa. Devo raccogliere tutti i cocci
che incontro lungo la strada. Sono un prete di questa Chiesa che amo!