2013-08-19 15:17:13

Egitto: annunciata prossima liberazione di Mubarak, nuovi scontri nel Paese


A sorpresa, nella crisi in Egitto, arriva la notizia della prossima scarcerazione dell’ex presidente Mubarak. Sul terreno intanto proseguono le violenze: nel Sinai è stato chiuso il valico con Gaza, dopo l’uccisione di 25 poliziotti e di un generale in due distinti attacchi. Occhi puntati anche su Bruxelles dove si è tenuta una riunione d’emergenza sull’Egitto degli ambasciatori dei 28 Paesi Ue. Il servizio di Marco Guerra:RealAudioMP3

L'ex presidente egiziano, Hosni Mubarak, sarà libero anche dagli arresti domiciliari entro 48 ore. Lo ha detto uno dei suoi avvocati e lo confermano fonti della procura, spiegando che per l’ex rais sono cadute due delle tre imputazioni per casi di corruzione mentre la condanna per uccisione dei manifestanti è stata annullata con rinvio ad un nuovo processo. La notizia potrebbe agitare ulteriormente le piazze che da ieri tacciono per via della tregua armata imposta dall’esercito, nonostante nuovi raduni convocati dai Fratelli musulmani. Ma anche oggi sul terreno non sono mancate le violenze: due autobus che trasportavano poliziotti sono stati attaccati a colpi di razzi nel Sinai: 25 i morti. Sempre nella penisola desertica un generale è stato ucciso da un cecchino. Gli episodi, che hanno determinato la chiusura del valico con Gaza, sono avvenuti in una zona non nuova alle azioni di gruppi jihadisti. E resta alto il timore di nuovi attacchi alla comunità cristiana, mentre è aggiornato a 58 il bilancio di chiese ed edifici cristiani assaltati e distrutti nei giorni scorsi dagli estremisti islamici. Intanto l’Europa prova a intervenire con una sola voce. Stamane, a Bruxelles si sono tenuti in corso la riunione dei 28 ambasciatori Ue, in preparazione dell’imminente consiglio straordinario dei ministri degli Esteri. Sul tavolo la possibilità di sospendere importanti programmi di cooperazione economica con Il Cairo e un eventuale embargo alla vendita di armi.

Sulla crisi egiziana, Massimiliano Menichetti ha raccolto il commento di Gabriele Iacovino responsabile analisti del Centro Studi Internazionali:RealAudioMP3

R. – Questo scontro per ora non sembra avere soluzioni; sta diventando sempre più una crisi che va a minare alle basi e la solidità dell’Egitto, un Paese importante non solo per l’area mediorientale, ma anche per tutto il bacino Mediterraneo.

D. – Questa crisi fa pensare a quella del 1952, la detronizzazione del re egiziano Farouk: allora, l’esercito e la Fratellanza musulmana agirono insieme, a capo della Fratellanza c’era il generale Naguib che poi, come Morsi, venne destituito dopo un anno di potere …

R. – Dalla salita al potere di Nasser in poi, nei confronti della Fratellanza da parte dell’esercito – o comunque del regime – c’è sempre stato un controllo, una chiusura che solo negli anni del regime di Mubarak si è andata ammorbidendo, facendo sì che anche gli esponenti della Fratellanza musulmana – non organizzati in partito, ma come indipendenti – potessero partecipare alle elezioni. In queste settimane, lo scontro è aperto anche perché la Fratellanza, dopo la caduta di Mubarak, ha visto la possibilità di un percorso verso l’islamizzazione della politica. E naturalmente il colpo di Stato da parte dell’esercito ha di nuovo riacceso la dinamica di scontro tra i militari e la Fratellanza.

D. – I militari, lo ricordiamo, in Egitto gestiscono i gangli vitali dell’economia: in un certo qual modo hanno, da sempre, guidato il Paese, anche se non direttamente …

R. – Il potere dell’esercito egiziano è al di là del potere istituzionale. Si parla della gestione di industrie che vanno dall’imbottigliamento dell’acqua all’assemblaggio delle automobili, quindi un quadro economico a 360 gradi. Da qui, il peso dell’esercito: presente sia nella caduta di Mubarak, sia nella destituzione di Morsi dopo un anno di governo in cui sia la Fratellanza musulmana, sia l’opposizione politica alla Fratellanza musulmana non sono state in grado di riavviare le dinamiche istituzionali e democratiche del Paese.

D. – La situazione egiziana ha ricadute pesanti anche in altri Stati come Arabia Saudita, Kuwait, Emirati Arabi, Qatar, da una parte; vediamo anche le preoccupazioni degli Stati Uniti e della Russia …

R. – Per anni l’Egitto e l’Arabia Saudita si sono contesi lo scettro di potenza della regione mediorientale, e le difficoltà delle istituzioni egiziane in questo momento destabilizzano l’intera area. Ci sono anche Paesi come il Qatar che hanno scommesso sulla Fratellanza musulmana in Egitto, per diventare un nuovo protagonista; ma la crisi pone problematiche e interrogativi anche per gli Stati Uniti che, nel corso degli ultimi 20 anni, hanno sempre avuto nell’Egitto uno dei capisaldi della politica nell’intera regione.

D. – In questo quadro, anche gli incontri dell’Unione Europea per decidere una posizione contro la crisi?

R. – A livello europeo si parla di possibili sanzioni economiche nei confronti dell’Egitto. Questa decisione però potrebbe avere come risultato un ulteriore aggravio della situazione economica. Il rischio è che le difficoltà siano sfruttate da chi guarda a quel jihadismo globale, il cui punto fondamentale è al Qaeda, per destabilizzare ulteriormente l’Egitto e prendere il sopravvento nel Paese.







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