Egitto: annunciata prossima liberazione di Mubarak, nuovi scontri nel Paese
A sorpresa, nella crisi in Egitto, arriva la notizia della prossima scarcerazione
dell’ex presidente Mubarak. Sul terreno intanto proseguono le violenze: nel Sinai
è stato chiuso il valico con Gaza, dopo l’uccisione di 25 poliziotti e di un generale
in due distinti attacchi. Occhi puntati anche su Bruxelles dove si è tenuta una riunione
d’emergenza sull’Egitto degli ambasciatori dei 28 Paesi Ue. Il servizio di Marco
Guerra:
L'ex presidente
egiziano, Hosni Mubarak, sarà libero anche dagli arresti domiciliari entro 48 ore.
Lo ha detto uno dei suoi avvocati e lo confermano fonti della procura, spiegando che
per l’ex rais sono cadute due delle tre imputazioni per casi di corruzione mentre
la condanna per uccisione dei manifestanti è stata annullata con rinvio ad un nuovo
processo. La notizia potrebbe agitare ulteriormente le piazze che da ieri tacciono
per via della tregua armata imposta dall’esercito, nonostante nuovi raduni convocati
dai Fratelli musulmani. Ma anche oggi sul terreno non sono mancate le violenze: due
autobus che trasportavano poliziotti sono stati attaccati a colpi di razzi nel Sinai:
25 i morti. Sempre nella penisola desertica un generale è stato ucciso da un cecchino.
Gli episodi, che hanno determinato la chiusura del valico con Gaza, sono avvenuti
in una zona non nuova alle azioni di gruppi jihadisti. E resta alto il timore di nuovi
attacchi alla comunità cristiana, mentre è aggiornato a 58 il bilancio di chiese ed
edifici cristiani assaltati e distrutti nei giorni scorsi dagli estremisti islamici.
Intanto l’Europa prova a intervenire con una sola voce. Stamane, a Bruxelles si sono
tenuti in corso la riunione dei 28 ambasciatori Ue, in preparazione dell’imminente
consiglio straordinario dei ministri degli Esteri. Sul tavolo la possibilità di sospendere
importanti programmi di cooperazione economica con Il Cairo e un eventuale embargo
alla vendita di armi.
Sulla crisi egiziana, Massimiliano Menichetti
ha raccolto il commento di Gabriele Iacovino responsabile analisti del Centro
Studi Internazionali:
R. – Questo
scontro per ora non sembra avere soluzioni; sta diventando sempre più una crisi che
va a minare alle basi e la solidità dell’Egitto, un Paese importante non solo per
l’area mediorientale, ma anche per tutto il bacino Mediterraneo.
D. – Questa
crisi fa pensare a quella del 1952, la detronizzazione del re egiziano Farouk: allora,
l’esercito e la Fratellanza musulmana agirono insieme, a capo della Fratellanza c’era
il generale Naguib che poi, come Morsi, venne destituito dopo un anno di potere …
R.
– Dalla salita al potere di Nasser in poi, nei confronti della Fratellanza da parte
dell’esercito – o comunque del regime – c’è sempre stato un controllo, una chiusura
che solo negli anni del regime di Mubarak si è andata ammorbidendo, facendo sì che
anche gli esponenti della Fratellanza musulmana – non organizzati in partito, ma come
indipendenti – potessero partecipare alle elezioni. In queste settimane, lo scontro
è aperto anche perché la Fratellanza, dopo la caduta di Mubarak, ha visto la possibilità
di un percorso verso l’islamizzazione della politica. E naturalmente il colpo di Stato
da parte dell’esercito ha di nuovo riacceso la dinamica di scontro tra i militari
e la Fratellanza.
D. – I militari, lo ricordiamo, in Egitto gestiscono i gangli
vitali dell’economia: in un certo qual modo hanno, da sempre, guidato il Paese, anche
se non direttamente …
R. – Il potere dell’esercito egiziano è al di là del
potere istituzionale. Si parla della gestione di industrie che vanno dall’imbottigliamento
dell’acqua all’assemblaggio delle automobili, quindi un quadro economico a 360 gradi.
Da qui, il peso dell’esercito: presente sia nella caduta di Mubarak, sia nella destituzione
di Morsi dopo un anno di governo in cui sia la Fratellanza musulmana, sia l’opposizione
politica alla Fratellanza musulmana non sono state in grado di riavviare le dinamiche
istituzionali e democratiche del Paese.
D. – La situazione egiziana ha ricadute
pesanti anche in altri Stati come Arabia Saudita, Kuwait, Emirati Arabi, Qatar, da
una parte; vediamo anche le preoccupazioni degli Stati Uniti e della Russia …
R.
– Per anni l’Egitto e l’Arabia Saudita si sono contesi lo scettro di potenza della
regione mediorientale, e le difficoltà delle istituzioni egiziane in questo momento
destabilizzano l’intera area. Ci sono anche Paesi come il Qatar che hanno scommesso
sulla Fratellanza musulmana in Egitto, per diventare un nuovo protagonista; ma la
crisi pone problematiche e interrogativi anche per gli Stati Uniti che, nel corso
degli ultimi 20 anni, hanno sempre avuto nell’Egitto uno dei capisaldi della politica
nell’intera regione.
D. – In questo quadro, anche gli incontri dell’Unione
Europea per decidere una posizione contro la crisi?
R. – A livello europeo
si parla di possibili sanzioni economiche nei confronti dell’Egitto. Questa decisione
però potrebbe avere come risultato un ulteriore aggravio della situazione economica.
Il rischio è che le difficoltà siano sfruttate da chi guarda a quel jihadismo globale,
il cui punto fondamentale è al Qaeda, per destabilizzare ulteriormente l’Egitto e
prendere il sopravvento nel Paese.