In due libri la vicenda di un "nuovo povero": dopo la disperazione, la ripresa
Mai arrendersi: è il messaggio di Maurizio De Vito, ragioniere licenziato a 50 anni,
con una moglie casalinga e due figli a carico, che hanno subìto lo sfratto da casa.
Poi sono sopraggiunti il diabete, l’ipertensione e la depressione. Ma Maurizio
De Vito ha reagito stampando a sue spese due libri in cui scrive dei nuovi poveri,
poi ha ritrovato un lavoro tornando a una vita normale. Così racconta la sua esperienza
al microfono di Elisa Sartarelli.
R. – Il nuovo
povero è una figura sociale emergente. Diciamo che già da qualche anno comincia ad
affacciarsi sul nostro scenario sociale, perché comunque la crisi è partita già qualche
anno fa. Il nuovo povero è la persona che non vive sulle panchine, con la barba lunga,
con i panni sporchi, che vive di elemosina ma è la persona nascosta dentro casa, che
magari ha perso il lavoro, non riesce a pagare l’affitto, a pagare le bollette, a
fare la spesa oppure va a fare la spesa con i centesimi contati. Ed è una figura che
abbraccia tante tipologie di persone: potrebbe essere un impiegato, un operaio, anche
un professionista, una qualsiasi persona che, poi, con il mercato del lavoro che è
cambiato, anche contrattualmente, e quindi con le nuove esigenze economiche di mercato,
si è trovata senza lavoro o comunque ha perso il lavoro per altri motivi. E’ un nuovo
povero anche il papà separato che è costretto ad affittare un appartamento e con lo
stipendio non tira avanti e va a mangiare alla Caritas. Sono tante le figure dei nuovi
poveri. Ad esempio, i pensionati che si ritrovano i figli 50.enni a casa perché separati
o senza lavoro.
D. – Come ha avuto l’idea dei due libri che ha scritto?
R.
– Il primo libro è “Non smettere mai di sognare” ed è stata una esternazione forte
che è avvenuta in una notte di disperazione. Quella lunga notte non sarebbe mai passata
se non avessi scritto questo mio libro. “Non smettere mai di sognare” è proprio la
mia autobiografia, descrive la situazione che stavo vivendo in quel momento. Ed è
stato un po’ come un risveglio. Il secondo libro, invece, “Io sono il nuovo povero”,
è un seguito nel quale c’è una reazione forte, una ripresa anche a livello di voglia
di ricominciare con i corsi di formazione, con tutto quello che c’era da fare… L’ho
fatto stampare a spese mie e sono andato a venderlo alla Stazione Termini, alla Stazione
Ostiense e per le strade di Roma, cercando comunque di diventare l’imprenditore di
me stesso. Durante la stesura di questo secondo libro, ho avuto la fortuna di fare
un’esperienza al dormitorio comunale di Aprilia, dove abito: inizialmente, come operatore
sociale, ho fatto due mesi; poi sono rimasto comunque come volontario, senza prendere
alcuno stipendio. Diciamo che io lo definisco un po’ il seguito di quello che mi sarebbe
successo se non avessi avuto questa grande forza, questo grande risveglio.
D.
– Dopo numerosi corsi e colloqui di lavoro, è tornato a fare il ragioniere. La sua
è una storia a lieto fine…
R. – Sì, senz’altro. Ma non è perché è arrivata
la vincita alla lotteria o il lavoro della vita: è solamente arrivata la consapevolezza
di avere una grande forza interiore, di averla tolta dalle macerie della sofferenza.
Questa forza interiore è grande e viene dalla fede: da una fede forse ritrovata, forse
riscoperta, non lo so. E’ una fede che arriva ad un certo punto, o forse c’è sempre
stata ma non è mai stata così approfondita ed è in questo momento di grande dolore
che ho conosciuto Dio. Non sono mai stato, prima, il perfetto cattolico; però, a questo
punto, in questo momento della mia vita, ho incontrato la fede.