2013-08-17 20:00:36

Egitto nel caos: sgomberata con la forza la moschea Fatah. Governo: "I Fratelli musulmani sono terroristi"


Egitto ancora nel caos. Ieri lo sgombero forzato dei manifestanti pro Morsi, al Cairo, da parte della polizia dalla moschea di Fatah con una nuova sparatoria, all’indomani della carneficina che che ha visto decine e decine di vittime. Intanto, i musulmani integralisti colpiscono la comunità cristiana presente nel paese. Il servizio di Paola Simonetti: RealAudioMP3

Qualsiasi riconciliazione sembra impossibile. Secondo le autorità egiziane “non siamo di fronte a un confronto politico, ma a un conflitto con estremisti e terroristi. Estremismo e violenza - ha aggiunto - saranno affrontati con misure di sicurezza". Presidenza e governo restano dunque fermi nel non tollerare la posizione dei Fratelli musulmani, un’allenza di cui il premier el-Beblawi propone lo scioglimento per legge. Ma da ieri intanto avevano lanciato la loro ennesima sfida: nonostante il bagno di sangue del Cairo, si erano asserragliati nella moschea di Fatah per difendersi da attacchi e arresti. Una posizione di difesa presto spezzata dall’intervento delle forze di sicurezza che sparando hanno forzatamente sgomberato gli occupanti scortandoli fuori tra due ali di contestatori anti-Morsi. Dopo questo episodio è stato deciso che le moschee del Cairo verranno chiuse dopo l'ultima preghiera della giornata, mentre ad Alessandria sono previste già nuove manifestazioni dei pro-Morsi. Nel paese, intanto, i musulmani integralisti hanno preso di mira anche i cristiani: decine le chiese date alle fiamme, senza risparmiare case, scuole, monasteri e negozi gestiti dai cristiani.

Sulla complessa situazione dell'Egitto, e sulle forze in campo, Davide Maggiore ha ascoltato Massimo Campanini, docente di islam contemporaneo all'Università di Trento: RealAudioMP3

R. – Sono sconfitti i militari perché dimostrano ancora una volta di non essere affidabili dal punto di vista democratico; ne escono sconfitti i Fratelli musulmani perché evidentemente stanno pagando un altissimo prezzo di sangue e oltretutto avranno anche difficoltà nel prossimo futuro a riorganizzarsi. Ritengo che chi risulta maggiormente sconfitto sia quella che era una volta l’opposizione laica che, certamente, governerà ma “sulla punta delle baionette”, per così dire. Non credo che in questo modo si riuscirà ad arrivare ad un autentico momento di riconciliazione.

D. – C’è a livello internazionale o anche a livello interno dell’Egitto, qualcuno che può fungere da attore che favorisca la pace?

R. – Credo che si debba aspettare una decantazione della situazione e la tranquillità nelle piazze. Credo che la via maestra sia quella di arrivare al più presto possibile a nuove elezioni senza che vi siano interferenze esterne che possano spingere o risolvere la situazione da una parte o dall’altra.

D. – Vediamo, tra l’altro, che il mondo arabo e, più in generale, il mondo islamico si è diviso: alcuni Paesi, come il Qatar e la Turchia, sono a favore dei Fratelli musulmani, altri – come il Kuwait e l’Arabia Saudita – hanno mostrato un supporto per le azioni del governo. Perché avviene questa divisione?

R. – E’ un complesso gioco di ricerca di egemonia all’interno del mondo arabo e all’interno del mondo islamico. Il modello della Turchia e l’attivismo diplomatico del governo Erdogan dopo le primavere arabe è stato indicativo di un certo modo con cui questo Paese emergente avrebbe intenzione di prendere un po’ la guida del Medio Oriente; dall’altro punto di vista, è la stessa posizione dell’Arabia Saudita, che non ha mai visto di buon occhio il governo dei Fratelli musulmani in Egitto. Di conseguenza, è un gioco molto complesso, di interessi internazionali, in cui l’Islam viene utilizzato in maniera strumentale – nel senso che il problema non è tanto un problema religioso, di schieramenti e di prese di posizione religiose, quanto un problema squisitamente politico.

D. – La situazione egiziana può in qualche modo influenzare il quadro mediorientale più ampio?

R. – Naturalmente, sì. Per molte ragioni: innanzitutto, perché l’Egitto è il pilastro del mondo arabo dato il suo peso economico-politico-militare e sociale; Morsi e il governo dei Fratelli musulmani avevano aperto, naturalmente, ai palestinesi, avevano preso distanza dall’atteggiamento che Mubarak aveva tenuto nei confronti di Israele e nei confronti della politica americana in Medio Oriente. Quindi, da questo punto di vista, un Egitto instabile, un Egitto che non abbia la possibilità di far sentire il peso della sua capacità economica e politica e militare, evidentemente è un elemento di instabilità e di promozione di nuovi accordi, di nuovi equilibri mediorientali.







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