Continuano gli sbarchi in Sicilia. La Caritas di Noto: la nostra vocazione è l'accoglienza
Nuovi sbarchi sulle coste siciliane: un barcone con oltre 250 persone a bordo, in
maggioranza eritrei, è arrivato a Portopalo di Capo Passero, nel siracusano. Tra
loro donne e bambini, tutti in buone condizioni fisiche. Il servizio di Francesca
Sabatinelli:
Somalia ed Eritrea,
da lì arrivano la maggior parte delle persone giunte nelle ultime ore in Sicilia,
tra loro, forse, anche egiziani. Il barcone è stato intercettato nella notte a circa
55 miglia a sud di Capo Passero. Per ora si trovano tutti nello spazio esterno dell’ex
mercato ittico, a Portopalo, sul molo, dopo la prima assistenza e l’identificazione
saranno trasferiti in centri di accoglienza. “I migranti sono in discrete condizioni”
ha precisato il sindaco di Portopalo, Michele Taccone:
R. – Non faremo
mancare mai l’assistenza a queste persone. Sicuramente le forze, è ovvio, vanno a
scemare. Le belle parole che riceviamo dal presidente della Repubblica, così come
anche dalle altre forze politiche e da chi ha responsabilità, ci riempiono di gioia
e ci danno la forza di reagire, ma sicuramente è necessario un raccordo tra tutte
le forze, è necessaria una concentrazione di tutte le risorse, così come anche di
un intervento, perché da soli – tra forze di polizia e volontariato – secondo me,
non si può riuscire a dare dei risultati in una situazione che può precipitare.
D.
– Che cosa intende, esattamente?
R. – E’ una sensazione, perché abbiamo il
sentore che sia da parte della zona libica, e adesso anche per quello che sta accadendo
in Egitto, si possa andare oltre le normali attività, che quindi si possano prevedere
esodi di massa.
D. – Lei ha detto: “Le forze vengono a mancare”, parla di forze
concrete, materiali, o parla anche della sopportazione della popolazione?
R.
– No, no, il problema, qua sul territorio, della sopportazione non esiste, perché
noi siamo un paese abituato ad accogliere, un paese che ha dimostrato nel corso degli
anni, e non soltanto in brevi situazioni, di essere disponibile. A me, come amministrazione,
vengono a mancare le risorse finanziarie per far fronte a questa emergenza, così come
anche da parte del volontariato che noi utilizziamo in misura maggiore. Però, abbiamo
bisogno – e questo è il grido che ho lanciato più di un mese fa al governo nazionale
e al governo regionale – di quelle piccole cose che ci servono per sopperire alle
difficoltà organizzative: perché parliamo di bambini, di donne, di persone che hanno
necessità e bisogni. Non sono soprammobili che possiamo spostare o gestire secondo
convenienza, a seconda se siamo o meno organizzati. Dobbiamo garantire il minimo dell’accoglienza,
ma con servizi efficaci.
Il giorno dell'Assunta 160 persone erano sbarcate
in zona, sulla spiaggia di Morghella-Pachino, soccorsi dai bagnanti che li avevano
aiutati a raggiungere la riva. Immagini di grande solidarietà che “fanno onore all’Italia”
ha sottolineato ieri il presidente Napolitano in una nota. Maurilio Assenza,
direttore della Caritas diocesana di Noto che include Pachino:
R. – La nostra
vocazione non è quella di respingere ma è quella di accogliere, è nell’emergenza che
si vede chi siamo veramente. In qualche sbarco precedente ci sono stati momenti di
“impressione”: da una parte si vedevano i bagnanti, come è stato a Catania, e dall’altra
i morti sulla spiaggia. Qui c’è un riscatto del nostro Paese con questi bagnanti che
hanno interrotto per un attimo la loro vacanza ed hanno accolto i rifugiati. È significativo
che questo sia accaduto nel giorno dell’Assunta e sia accaduto in questa area del
Mediterraneo che, come diceva Giorgio La Pira, deve diventare un “mare di pace”. Le
parole del presidente Giorgio Napolitano esprimono un riconoscimento, ma anche una
“chiamata”. L’impegno continuerà.
D. – Sono tantissime le persone che arrivano.
Come le assistete, cosa chiedete e cosa vi occorre?
R. – Quella di Pachino
è stata un’accoglienza immediata. Poi c’è stato il trasferimento al Centro Umberto
I, di Siracusa e lì c’è stato anche un appello del prefetto, soprattutto per aiuti
di carattere medico, perché oltre al cibo ed ai vestiti che servono subito, c’è bisogno
anche di cure sanitarie. A Portopalo c’è stata invece la presa in carico da parte
della parrocchia e del comune, soprattutto dei minori non accompagnati. L’impegno
più ordinario però è quello che riguarda la presenza degli immigrati che restano con
noi e che devono diventare cittadini, parte della nostra comunità, c’è un impegno
quotidiano per cercare loro una casa, un lavoro e perché sia riconosciuta loro la
cittadinanza. Per cui c’è l’emergenza e c’è la vita ordinaria, ma anche il tentativo
di unire questi due momenti e di farli diventare un segno dei tempi per noi cristiani.
Dobbiamo imparare a vivere con umanità, a misura di famiglia umana. La guerra in Siria
e quello che sta accadendo in Egitto non ci è estraneo, e questi sono i volti che
devono diventare volti privilegiati, le persone privilegiate per noi cristiani.
D.
– Quello che è accaduto il giorno dell’Assunta, a Pachino, e l’impegno che voi testimoniate
ogni giorno a sostegno di queste persone, che messaggio devono essere per l’Italia
tutta, anche per quella parte che ancora una volta non ha mancato di polemizzare sull’accoglienza?
R.
– Per chi polemizza il messaggio è in questi termini: cosa e chi vogliamo essere!
Quella parte di Italia che polemizza dimostra ignoranza, mancanza di memoria storica
e dimostra anche “disumanità”. Questo però fa risaltare che la vera questione è restare
umani, che la sfida in gioco non è soltanto l’assistenza immediata ma è quella di
capire chi vogliamo essere. Capire e ricordarsi che il nostro Paese è stato un Paese
di emigranti, e che ora è chiamato a vivere una sfida di civiltà nelle coordinate
della costituzione per tutti. Per quanto riguarda i cristiani certamente c’è una grave
incompatibilità tra il Vangelo e qualsiasi forma di razzismo implicito. Il Vangelo,
l’ha detto il Papa a Lampedusa, ci fa sentire partecipi e ci fa interrogare se abbiamo
fatto abbastanza e ci chiede di fare di più.