2013-08-16 06:56:51

Ripresi i negoziati israelo-palestinesi: massimo riserbo sul primo incontro


Il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon ha iniziato un tour in Medio Oriente per incontrare i capi dei negoziati israelo-palestinesi, ripresi in questi giorni a Gerusalemme. Ieri ha incontrato il presidente palestinese Mahmoud Abbas. Ban garantisce l’appoggio dell’Onu al dialogo, in vista di una pace giusta e duratura fondata sulla soluzione di due Stati e chiede "pazienza e impegno". Nella notte tra mercoledì e giovedì si è svolto il primo incontro dei negoziati diretti israello-palestinesi a Gerusalemme. I portavoce hanno spiegato che non è stata fatta nessuna dichiarazione per la stampa per non ostacolare il lavoro. Si sa solo che il prossimo incontro dovrebbe essere a gerico in Cisgiordania. Del contesto attuale e delle opportunità in gioco per una svolta nel conflitto israelo-palestinese, Fausta Speranza ha parlato con Germano Dottori, docente di Studi strategici all’Università Luiss:00:03:59:81

R. – Secondo me, gli israeliani si rendono conto che si trovano in una posizione di relativa forza – sicuramente, la posizione migliore da un anno e mezzo a questa parte – e credo che stiano tentando di impostare la trattativa da basi ancora più favorevoli. Io vedo Gaza e Hamas in una situazione di straordinaria debolezza; d’altro canto, a Nord, l’Hezbollah ha da fare in Siria e ha poche risorse disponibili per trattare la questione israeliana.

D. – Questo è il contesto. Ma diciamo di che cosa si andrà a parlare immediatamente, in questa ripresa di negoziati?

R. – Le cose di cui si dovrebbe discutere sono molte, ma la cosa fondamentale è che l’intero processo negoziale dovrebbe sfociare nella costituzione di uno Stato palestinese accanto allo Stato ebraico, riconosciuto da quest’ultimo, cioè anche da quest’ultimo. E in questo momento, esiste un allineamento geopolitico nella regione che è molto promettente, perché per la prima volta dopo molto tempo gli israeliani si trovano allineati all’Arabia Saudita e alla Turchia. Ora, tutto questo significa che gli israeliani possono contare sulla collaborazione di alcune potenze del mondo musulmano che, in precedenza, si trovavano dall’altro lato della barricata. Ad esempio, non mi stupisce che, in questo quadro, sia i raid condotti su Gaza, che la stessa vicenda dei nuovi insediamenti a Gerusalemme Est, non siano stati stigmatizzati più di tanto dal grosso della stampa araba legata all’Arabia Saudita, e tanto meno dalla Turchia. In Turchia c’è chi contesta l’atteggiamento di basso profilo tenuto in questa vicenda dal premier Erdogan; io, invece, me lo spiego proprio con il grande allineamento che è venuto a determinarsi. Che poi, in realtà, deriva tutto dalla questione siriana e dai rapporti con l’Iran.

D. – Avevamo l’impressione che la questione israelo-palestinese stesse là, un po’ latente, in attesa di altri sviluppi in Medio Oriente; invece, può accadere che la ripresa dei negoziati diventi proprio una messa in moto di qualcos’altro, perché davvero questo Medio Oriente si presenti diverso?

R. – Diciamo che ci sono tante cose concatenate. A mio avviso, l’evento che ha messo in moto tutto è la guerra di Siria e la straordinaria difficoltà che è stata incontrata da coloro che sostengono la lotta contro Assad a riportare la vittoria; tutto il resto segue: il coinvolgimento israeliano di fatto, nella lotta ad Assad, potrebbe cambiare gli equilibri sul terreno ed è diventato quindi molto prezioso. Io mi spiego anche attraverso quest’ottica la circostanza che, per esempio, l’Arabia Saudita e diversi Paesi della Lega Araba non insistano più sul ritorno alle frontiere ante-Guerra dei Sei Giorni del 1967, che in precedenza erano un tabù. E’ molto interessante quello che sta succedendo e spazio per sperare – a mio avviso – c’è. Naturalmente, su una cosa bisogna essere chiari: non è che un accordo tra israeliani e palestinesi segnerebbe per forza l’avvento di un’era di pace in Medio Oriente; sarebbe un altro tassello, un tassello molto importante, ma che sicuramente non sarebbe sufficiente a stabilizzare l’intera regione che è in ebollizione per una quantità di ragioni differenti.







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