Libano: Nasrallah accusa i fondamentalisti siriani dell’attacco a Hezbollah
Resta alta la tensione anche in Libano dopo l’attentato di giovedì contro un quartiere
di Beirut, roccaforte del movimento sciita Hezbollah, che ha provocato 24 morti e
oltre 250 feriti. Bisogna “evitare che il Libano venga trascinato in una guerra civile”,
occorre quindi “mettere fine alle divisioni interconfessionali”, ha detto ieri sera
Nasrallah, leader di Hezbollah. Nasrallah ha poi rivendicato la volontà di combattere
in Siria contro gli estremisti islamici. Per un’analisi sulle contrapposizioni regionali,
Marco Guerra ha sentito Lorenzo Trombetta inviato a Beirut dell’Ansa:
R. - È un conflitto
politico-economico poi a sfondo anche confessionale che ha le sue radici non soltanto
nella guerra siriana. Anzi, forse la guerra siriana è l’ultimo scenario in ordine
di tempo. Quello libanese, prima di quello siriano, è uno scenario dominato da anni
da una tensione fra le comunità sunnita e sciita. È dunque una questione regionale
il fatto che la guerra siriana si stia tingendo sempre più di questa tensione, che
è appunto la conseguenza di un clima regionale più ampio. In Iraq da molti anni sappiamo
di attentati a sfondo confessionale; in Libano - appunto -non è una novità. Quello
che forse è nuovo è l’escalation di violenza di queste ultime settimane, perché già
nei mesi scorsi si erano avuti episodi meno gravi, ma comunque preoccupanti.
D.
- Come va letto il fatto che sono riusciti a colpire dentro una roccaforte di Hezbollah?
R.
- È un’area, quella di Bir Abed, nella periferia meridionale di Beirut, altamente
controllata da Hezbollah. È molto difficile persino girare con un cellulare e provare
a fotografare alcuni palazzi o alcuni angoli del quartiere; anche se si attraversa
la strada in un modo diverso dal solito, spesso si viene almeno identificati o addirittura
fermati come non appartenenti al quartiere. Quindi chi ha compiuto l’attentato deve
aver una buona base all’interno dell’area.
D. - Come sta reagendo il delicato
mosaico nazionale libanese a queste ultime violenze?
R. - La spaccatura è evidente
da molti anni. L’unità del Paese, di fatto, più che altro, è un’unità di facciata.
Il Libano complessivamente però come sistema non istituzionale, ma come equilibrio
di varie comunità, sta tenendo piuttosto bene sia rispetto alle violenze interne -
ripercussioni che si hanno periodicamente della questione siriana – sia rispetto all’enorme
difficoltà legata all’afflusso di profughi. Ricordiamo che sono due Paesi che da secoli
hanno una storia, una cultura, legami familiari, politici, ideologici molto connessi
tra loro, quindi ogni volta che accade qualcosa a Damasco, le ripercussioni si hanno
a Beirut e viceversa. Ecco, il Libano sta tenendo piuttosto bene, considerando il
contesto i cui il Paese si trova.
D. - Il fantasma dello zampino di Israele
continua ad essere agitato in ogni conflitto inter- arabo. Stavolta non ha fatto eccezione
il presidente del Libano Suleiman …
R. - Se, come fino ad ora sappiamo, nessun
dirigente di Hezbollah è stato ucciso nell’attentato, non si tratta di un omicidio
politico ma di un atto terroristico, è quindi difficile puntare il dito su Israele;
perché sappiamo che, nella storia recente e meno recente, ogni volta che Israele ha
compiuto un attentato in Libano a danno di Hezbollah, lo ha sempre fatto per uccidere
ed eliminare dei dirigenti di Hezbollah, il principale nemico di Israele nell’area.
Quindi è difficile puntare il dito su Israele.