2013-08-16 14:10:45

Libano: Nasrallah accusa i fondamentalisti siriani dell’attacco a Hezbollah


Resta alta la tensione anche in Libano dopo l’attentato di giovedì contro un quartiere di Beirut, roccaforte del movimento sciita Hezbollah, che ha provocato 24 morti e oltre 250 feriti. Bisogna “evitare che il Libano venga trascinato in una guerra civile”, occorre quindi “mettere fine alle divisioni interconfessionali”, ha detto ieri sera Nasrallah, leader di Hezbollah. Nasrallah ha poi rivendicato la volontà di combattere in Siria contro gli estremisti islamici. Per un’analisi sulle contrapposizioni regionali, Marco Guerra ha sentito Lorenzo Trombetta inviato a Beirut dell’Ansa:RealAudioMP3

R. - È un conflitto politico-economico poi a sfondo anche confessionale che ha le sue radici non soltanto nella guerra siriana. Anzi, forse la guerra siriana è l’ultimo scenario in ordine di tempo. Quello libanese, prima di quello siriano, è uno scenario dominato da anni da una tensione fra le comunità sunnita e sciita. È dunque una questione regionale il fatto che la guerra siriana si stia tingendo sempre più di questa tensione, che è appunto la conseguenza di un clima regionale più ampio. In Iraq da molti anni sappiamo di attentati a sfondo confessionale; in Libano - appunto -non è una novità. Quello che forse è nuovo è l’escalation di violenza di queste ultime settimane, perché già nei mesi scorsi si erano avuti episodi meno gravi, ma comunque preoccupanti.

D. - Come va letto il fatto che sono riusciti a colpire dentro una roccaforte di Hezbollah?

R. - È un’area, quella di Bir Abed, nella periferia meridionale di Beirut, altamente controllata da Hezbollah. È molto difficile persino girare con un cellulare e provare a fotografare alcuni palazzi o alcuni angoli del quartiere; anche se si attraversa la strada in un modo diverso dal solito, spesso si viene almeno identificati o addirittura fermati come non appartenenti al quartiere. Quindi chi ha compiuto l’attentato deve aver una buona base all’interno dell’area.

D. - Come sta reagendo il delicato mosaico nazionale libanese a queste ultime violenze?

R. - La spaccatura è evidente da molti anni. L’unità del Paese, di fatto, più che altro, è un’unità di facciata. Il Libano complessivamente però come sistema non istituzionale, ma come equilibrio di varie comunità, sta tenendo piuttosto bene sia rispetto alle violenze interne - ripercussioni che si hanno periodicamente della questione siriana – sia rispetto all’enorme difficoltà legata all’afflusso di profughi. Ricordiamo che sono due Paesi che da secoli hanno una storia, una cultura, legami familiari, politici, ideologici molto connessi tra loro, quindi ogni volta che accade qualcosa a Damasco, le ripercussioni si hanno a Beirut e viceversa. Ecco, il Libano sta tenendo piuttosto bene, considerando il contesto i cui il Paese si trova.

D. - Il fantasma dello zampino di Israele continua ad essere agitato in ogni conflitto inter- arabo. Stavolta non ha fatto eccezione il presidente del Libano Suleiman …

R. - Se, come fino ad ora sappiamo, nessun dirigente di Hezbollah è stato ucciso nell’attentato, non si tratta di un omicidio politico ma di un atto terroristico, è quindi difficile puntare il dito su Israele; perché sappiamo che, nella storia recente e meno recente, ogni volta che Israele ha compiuto un attentato in Libano a danno di Hezbollah, lo ha sempre fatto per uccidere ed eliminare dei dirigenti di Hezbollah, il principale nemico di Israele nell’area. Quindi è difficile puntare il dito su Israele.







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