Egitto: oltre 500 morti. Il vescovo di Assiut: bruciate numerose chiese cristiane
In Egitto, cresce di ora in ora il numero dei morti all’indomani dell’intervento di
polizia e militari contro i manifestanti favorevoli al deposto presidente Morsi. L’ultimo
bilancio delle autorità è di 525 vittime, ma i Fratelli musulmani che sostengono l’ex
leader parlano di oltre 4mila, e sono di nuovo in scesi in piazza, al Cairo e ad Alessandria.
Intanto, dalle diplomazie di tutto il mondo continuano ad arrivare reazioni agli avvenimenti.
Il servizio di Davide Maggiore:
Il governo ha
dichiarato lo stato d’emergenza in tutto il Paese e imposto il coprifuoco sulle città
principali, ma i Fratelli musulmani non sembrano voler lasciare le strade del Cairo.
Il governo, che ha prolungato inoltre il fermo di Morsi e chiuso il valico di Rafah
per la Striscia di Gaza, deve fare fronte anche alle dimissioni di Mohamed el-Baradei.
“C’erano opzioni pacifiche per risolvere la crisi”, ha detto l’ex-diplomatico, che
ricopriva la carica di vicepresidente. Preoccupazione e parole contro la violenza
sono arrivate da tutto il mondo, a cominciare dall’Alto rappresentante dell’Unione
Europea per la politica estera, Catherine Ashton. Il segretario di Stato americano
Kerry ha chiesto la revoca dello stato di emergenza e anche il segretario generale
dell’Onu, Ban Ki-moon ha condannato “l’uso della forza” e lo “spargimento di sangue”.
Regno Unito, Italia, Francia e Germania hanno convocato l’ambasciatore egiziano; il
presidente francese Hollande ha chiesto di fare tutto il possibile per “evitare la
guerra civile”. Una riunione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu è stata chiesta dal
premier turco Erdogan, che ha spronato la Lega Araba e l’intera comunità internazionale
a “passare all’azione”. Ma proprio dal mondo arabo arrivano le poche voci discordi:
Bahrein ed Emirati Arabi Uniti hanno dichiarato il loro sostegno all’operazione delle
forze armate egiziane.
E in Egitto oltre 20 chiese cristiane sono state
attaccate dagli islamisti, in varie diocesi. Tra queste, quella di Assiut, Davide
Maggiore ha raccolto la testimonianza del vescovo cattolico, Kiryllos William:
R. - Gli islamisti
sono scesi a manifestare; gridavano slogan contro il governo, contro la polizia e
contro i cristiani perché sono persuasi dal fatto che questi siano la causa della
caduta del regime di Morsi. Hanno bruciato varie chiese, tra queste una delle nostre,
quella del convento francescano nella città di Assiut. Hanno scavalcato il muro, sono
entrati all’interno dell’edificio, hanno bruciato tutte le macchine che si trovavano
nel cortile, anche auto di gente amica. Inoltre, hanno dato alle fiamme l’edicola
dove si vendono i souvenir, a tutta la chiesa dopo averla profanata buttando il tabernacolo
per terra. Hanno bruciato la chiesa, la sagrestia e tutti gli uffici dei padri che
si trovano al primo piano. Hanno completamente distrutto il monastero. Poi hanno bruciato
la chiesa ortodossa di san Giorgio, la chiesa dei protestanti degli avventisti e tanti
negozi di cristiani. Questo nella città di Assiut. Ho saputo che, fuori dalla città,
nella nostra provincia, la cattedrale ortodossa di Abnoub è stata completamente bruciata.
A Qusyiah hanno cercato di provocare qualche danno; hanno bruciato qualche casa, però
gli abitanti hanno resistito, li hanno mandati via. Sono andati anche dalle nostre
suore, ma poi gente saggia – anche di religione musulmana - ha detto: “ Cosa hanno
fatto di male? Sono 70 anni che fanno del bene qui!”. E li hanno cacciati via.
D.
- Con quale stato d’animo la popolazione sta vivendo queste ore?
R. - La tristezza
riempie i cuori, però hanno tanta fiducia nel Signore, nella sua protezione e nella
sua provvidenza e continuiamo a pregare. Diciamo che se noi cristiani dobbiamo pagare
il caro prezzo della volontà del popolo egiziano per la libertà, per la democrazia,
per uno Stato moderno, lo paghiamo. E lo facciamo per la nostra patria, per l’Egitto.
Le costruzioni possono essere riparate, ma la libertà è molto più importante degli
edifici.