In Egitto oltre cento morti negli scontri. Il vescovo di Assiut: il Paese non accetta
uno stato islamico
In Egitto è un massacro. La polizia ha sgomberato con la forza i sit-in dei manifestanti
favorevoli al deposto presidente Morsi, lanciando lacrimogeni, sparando e spianando
le tende con le ruspe. Decine e decine i morti. Il governo impone lo stato di emergenza,
mentre il segretario generale dell’Onu Ban Ki Moon condanna le violenze sui manifestanti
che, oggi pomeriggio, dopo aver ricevuto garanzia di sicurezza e incolumità, hanno
iniziato a lasciare il presidio di Rabiya al-Adawya, teatro della strage. Francesca
Sabatinelli :
Terrore,
morte, devastazione, ovunque la capitale è percorsa da violenza, il governo ha stabilito
lo stato di emergenza da oggi e per almeno un mese, ma le minacce degli integralisti
di Jamaa Islamiya, vicini a Morsi, lasciano presagire il peggio: rivoluzione in tutto
il Paese se non si metterà fine ai massacri. I giornalisti stranieri riportano di
decine morti negli obitori, il governo, partito da cifre prudenti, inizia a parlare
ora di circa 150 vittime, per i Fratelli Musulmani sarebbero oltre duemila: numeri
impossibili da verificare. Tra i morti due giornalisti, una giovane reporter degli
Emirati, di origine egiziana e un cameramen di Skynews, ma anche la figlia adolescente
di un capo della fratellanza. La violenza dilaga in tutto il Paese e si esprime anche
contro i cristiani, tre le chiese copte incendiate. Ad Alessandria ci sarebbe stato
un assalto armato alla biblioteca, mentre stasera sempre al Cairo, secondo la tv di
stato, sostenitori di Morsi avrebbero attaccato una stazione di polizia uccidendo
almeno quattro agenti. Si susseguono gli appelli, i Fratelli Musulmani chiedono l’intervento
di Ue e occidente, le cancellerie europee deplorano l’uso sproporzionato della forza,
negato però dall’esecutivo egiziano che parla di massima moderazione da parte delle
forze di sicurezza. Intanto però si registra il passo indietro di Mohammed El Baradei,
dimessosi da vicepresidente ad interim perché, scrive nella lettera inviata al presidente
Mansour: ”C’erano opzioni pacifiche per risolvere la crisi”. Iran e Qatar si schierano
al fianco dei manifestanti contro il governo egiziano e chiedono che si metta subito
fine alla violenza, così come il premier turco Erdogan che interpella direttamente
Onu e Lega Araba. Gli Stati Uniti si dicono nettamente contrari allo stato d’emergenza
e chiedono il rispetto dei diritti umani.
Olivier Bonnel ha intervistato
il vescovo cattolico di Assiut, William Kiryllos:
R. - Ci aspettavamo
la reazione degli islamisti a ciò che sta facendo la polizia in questo momento; li
stanno mandando via dai luoghi delle loro manifestazioni. La prima reazione è stata
quella di dire al mondo occidentale e americano: “Il Paese non può andare avanti senza
di noi!”. Poi la seconda reazione è stata quella di chiedere l’intervento del mondo
occidentale. Ma noi siamo sicuri che questa è la fine degli islamisti, perché l’Egitto
non accetta uno Stato religioso, ciò che invece volevano gli islamisti. L’Egitto non
accetta uno Stato islamico; vuole separare la religione dello Stato.
D. - Ci
sono stati vari attacchi contro le chiese in diverse parti del Paese …
R. -
Stiamo seguendo ciò che capita soprattutto a Minya e a Sohag dove hanno bruciato la
cattedrale ortodossa. Ad Assiut, grazie al Signore - forse perché la presenza della
polizia e dell’esercito è molto sentita - non c’è stato alcun attacco contro le chiese:
hanno lanciato solo qualche pietra contro la cattedrale ortodossa.
D. - È possibile
- secondo lei - leggere il futuro dell’Egitto in questi momenti?
R. - Adesso,
il presidente provvisorio, il nuovo governo e il comitato stanno preparando la Costituzione,
dopo ci saranno le elezioni parlamentari e infine quelle presidenziali. Dopo la rivoluzione
del 25 gennaio speravamo che il primo passo fosse la nuova Costituzione e che poi
venissero le elezioni. Purtroppo gli islamisti hanno condizionato a tal punto la giunta
militare che hanno fatto le elezioni prima della Costituzione. Quindi è stata redatta
una Costituzione che non rappresenta gli egiziani, una Costituzione interamente di
stampo religioso. Da qui è venuta tutta la delusione della popolazione: il presidente
aveva fatto tante promesse, ma nulla di ciò che aveva promesso è stato realizzato.
La popolazione si è accorta che il presidente stava lavorando per gli interessi del
suo partito e non per l’Egitto. Ora speriamo in un futuro migliore per l’Egitto.
Sulla
situazione, ascoltiamo anche il missionario comboniano Giuseppe Scattolin,
raggiunto telefonicamente al Cairo da Davide Maggiore:
R. – Si condanna
la violenza – questo è un tema di lunga data – da qualsiasi parte si aprano negoziati,
colloqui, negoziati per risolvere varie questioni; purtroppo, stiamo vivendo una giornata
di scontro tra due forze, e da tutte e due le parti – purtroppo – ci sono armi che
girano e non sappiamo come andrà a finire. Evidentemente, tutte le religioni devono
condannare la violenza!
D. – Arrivando adesso alla situazione che voi vivete,
abbiamo visto in queste settimane le piazze contrapposte, ma quale atteggiamento sta
tenendo la popolazione civile in questi giorni e in queste ore così drammatiche?
R.
– Partendo dalla dimostrazione del 30 giugno, è chiaro che la maggior parte della
popolazione dell’Egitto ha rifiutato il governo dei Fratelli musulmani; e quindi era
chiaro che c’era un orientamento a riprendere veramente un cammino democratico che
era fallito con il governo dei Fratelli musulmani. Quindi c’era campo – io credo –
per chi volesse il dialogo, per entrare in dialogo: tutti erano chiamati, anche i
Fratelli quindi, a partecipare a questo processo di vera democrazia. Per varie cause,
una parte ha rifiutato e è ricorsa, piuttosto, ad un certo tipo di violenza.
D.
– Ma perché la popolazione, il fronte laico, insomma, non è riuscito ad unirsi, ad
esprimere una leadership unitaria, a suo parere?
R. – Questo riguarda piuttosto
la prima fase: a suo tempo l’esercito, come è stato anche in Tunisia, seguendo un
vero processo democratico, avrebbe dovuto lasciare il potere e consegnare il procedimento
civile a delle parti civili, come la parte giudiziaria, come ha fatto ora …
D.
– Però, in questo momento sono in corso delle violenze che fanno temere per il peggio
…
R. – Sì: non so se questo fosse l’unico modo di fare, quello di non discutere;
però, ci troviamo di fronte ad una dimostrazione armata, con molti estranei all’Egitto
che sono venuti, si sono accampati per combattere in favore del sistema precedente!
Ci sono dentro siriani, palestinesi, estremisti islamici …
D. – Voi come cristiani,
come vivete questa situazione?
R. – I cristiani sono sempre la parte debole
della società; hanno molti problemi, ereditati dal passato… I cristiani sono certamente
sotto pressione e si sperava che potessero riacquistare una posizione all’interno
della società, all’interno di un sistema democratico di rispetto dei diritti umani
per tutti, secondo un metodo democratico.