2013-08-12 15:04:48

Medio Oriente: il governo israeliano autorizza la costruzione di 1200 case per i coloni


C’è attesa in Israele per il rilascio, previsto per domani, dei primi 26 prigionieri palestinesi sui 104 individuati come parte delle concessioni per la ripresa dei negoziati di pace. I colloqui avranno inizio mercoledì sotto l’egida degli Stati Uniti. Una liberazione segnata dalle accese polemiche dei parenti delle vittime. Intanto, critiche sono piovute sul governo del premier israeliano Netanyahu per il via libera alla costruzione di 1200 insediamenti di coloni in Cisgiordania e a Gerusalemme Est. Ma come spiegare tale annuncio in questo particolare momento? Benedetta Capelli lo ha chiesto a Giorgio Bernardelli, esperto di Medio Oriente:RealAudioMP3

R. - Si spiega attraverso dinamiche di politica interna. Netanyahu è alla guida di una colazione in realtà molto eterogenea; è stato spinto ad entrare in questo negoziato quasi per inerzia e per le pressioni dell’amministrazione americana. Però, non si può dimenticare che è alla guida di un governo in cui l’ala rappresentata dai coloni è molto forte. Quindi, in prospettiva di questo rilascio dei prigionieri - che è il primo passo di questo processo di pace - ha cercato di riequilibrare la sua posizione dal punto di vista della politica interna dando il via libera a questi 1200 nuovi alloggi. È un gioco - ovviamente - molto rischioso, nel senso che è evidente come i due obiettivi - quello del processo di pace e quello della tenuta della maggioranza che sostiene attualmente Benjamin Netanyahu - siano divergenti. Quindi, è molto difficile vedere come possano stare insieme.

D. - All’interno della componente politica del governo israeliano ci sono stati comunque dei malumori di fronte a questo annuncio …

R. - Sì. È una coalizione in realtà molto eterogenea; da una parte c’è Tzipi Livni, il ministro della giustizia che, nello stesso tempo, da ex ministro degli Esteri è comunque il principale fautore della continuazione del processo di pace con i palestinesi; e dall’altra c’è comunque un’ala che fa capo a Naftali Bennet, l’ala più legata al mondo dei coloni. Quindi, i malumori non sono tanto sulla costruzione di questi nuovi 1200 alloggi, ma sono molto più sostanziali: se questo processo di pace sia una prospettiva nella quale il governo Netanyahu ha intenzione di entrare seriamente oppure no. Non a caso, già alcune settimane fa, dall’opposizione la leader Yachimovich ha prospettato la possibilità di un ingresso della maggioranza che sostiene Netanyahu se questi andrà avanti davvero nel processo di pace che - ricordiamo - deve comunque ancora ricominciare; il primo incontro è fissato per mercoledì a Gerusalemme. Insomma, ci troviamo in una situazione molto fluida. L’impressione è che tutti stiano cercando di vedere un po’ le carte, di capire quanto questo tentativo è serio senza compromettere più di tanto la situazione.

D. - Questo round di negoziati che si aprono mercoledì possiamo vederlo in maniera positiva oppure queste decisioni israeliane stanno minando anche gli stessi colloqui?

R. - No. Credo che sia da guardare certamente in maniera positiva, soprattutto perché dopo anni di assenza dallo scenario mediorientale, l’amministrazione americana è impegnata in un’iniziativa seria, con tutte le contraddizioni di questo processo di pace che ben conosciamo. Questo annuncio non minerà l’inizio dei negoziati, anche perché i 26 detenuti palestinesi, che domani dovrebbero essere rilasciati, sono comunque un risultato importante ottenuto dall’Autorità Nazionale Palestinese e quindi anche un punto di forza per la politica interna palestinese. Adesso, bisognerà vedere come questo processo evolverà, nel senso che questo è ovviamente un primo passo, che sconta ancora tutte le difficoltà e le contraddizioni. Si tratta di capire se, davvero, c’è un’intenzione di andare avanti in questo negoziato. E allora, a quel punto secondo me, vedremo cambiamenti molto profondi all’interno del governo israeliano; vedremo se questa maggioranza potrà andare avanti oppure se è solo un espediente per ascoltare Washington. In quel caso, vedremo la fine del negoziato.







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