Iraq: Al Qaeda rivendica gli attentati che hanno causato 91 morti
Non si fermano le violenze in Iraq, dove ieri si sono registrate almeno 37 vittime
a seguito di una serie di attacchi terroristici in diverse parti del Paese. Intanto
lo Stato islamico dell’Iraq, cellula locale di al-Qaeda, ha rivendicato gli attentati
che sabato scorso hanno insanguinato i festeggiamenti per la fine del Ramadan. Torna
dunque a colpire la rete del terrore, che gioca un ruolo sempre più destabilizzante
nelle crisi nei diversi Paesi arabi. Per una riflessione sul fenomeno, Marco Guerra
ha intervistato l’analista politico e strategico, Alessandro Politi:
R. - La forza
di queste formazioni è dovuta anche alla debolezza dello Stato iracheno, che è ancora
fortemente diviso tra vecchi politici sunniti e nuovi politici sciiti, che ancora
non hanno trovato un equilibrio degli interessi tra di loro e rispetto ai curdi. Questo
tipo di condizioni favoriscono le operazioni di gruppi locali di Al Qaeda.
D.
– La rete del terrore come si inserisce in questa instabilità che sta squassando tutto
il Medio Oriente, dalla Siria all’Egitto?
R. – Si inserisce con dinamiche autonome,
cioè cerca di mantenere un’attività politico-terroristica nonostante sia stata clamorosamente
battuta dal punto di vista politico pressoché ovunque. Le rivoluzioni arabe avevano
chiaramente segnato il punto più basso della proiezione politica di Al Qaeda. Il problema
è che anche potenze come gli Stati Uniti non hanno esitato a servirsi di notori jihadisti
– per esempio – per abbattere Gheddafi in Libia, e non esitano a dare appoggi agli
stessi gruppi quando si tratta di combattere in Siria. Quindi, c’è una politica estremamente
contraddittoria tra potenze arabe locali e potenze euro-atlantiche, in materia di
come avere una politica comune rispetto al fenomeno jihadista.
D. – Dopo la
morte di Bin Laden, esiste ancora una leadership internazionale o parliamo di cellule
locali che hanno scopi meramente regionali?
R. – Abbiamo un insieme di gruppi
locali che condividono la stessa ideologia che però continuano ad avere anche rapporti
con un capo iconico, riconosciuto, come Ayman al Zawahiri, dopo che Osama bin
Laden è morto. L’operatività concreta è molto legata alla regione, e anche quando
adesso si è data questa allerta alle 22 ambasciate statunitensi – tutte in Paesi arabi
– si capisce bene che il focus di Al Qaeda è molto regionale. Quindi, gli Stati Uniti
sì, ma gli Stati Uniti in posti "facilmente raggiungibili". Questo significa, però,
che c’è un centro di discussione comune e di autorevolezza che è ancora nella figura
di al Zawahiri. Ma tutto questo, ancora una volta, è frutto anche di indecisioni fortissime
su come dare seguito alle rivoluzioni arabe: se i Paesi, soprattutto euro-atlantici,
non fanno una chiara scelta di campo, da queste rivoluzioni arabe noi avremo delle
Weimar arabe, che quindi finiranno malissimo... quale che sia, poi, l’esito
con un dittatorerassicurante oppure con governi che noi chiameremmo
estremisti.