2013-08-12 15:21:03

Iraq: Al Qaeda rivendica gli attentati che hanno causato 91 morti


Non si fermano le violenze in Iraq, dove ieri si sono registrate almeno 37 vittime a seguito di una serie di attacchi terroristici in diverse parti del Paese. Intanto lo Stato islamico dell’Iraq, cellula locale di al-Qaeda, ha rivendicato gli attentati che sabato scorso hanno insanguinato i festeggiamenti per la fine del Ramadan. Torna dunque a colpire la rete del terrore, che gioca un ruolo sempre più destabilizzante nelle crisi nei diversi Paesi arabi. Per una riflessione sul fenomeno, Marco Guerra ha intervistato l’analista politico e strategico, Alessandro Politi:RealAudioMP3

R. - La forza di queste formazioni è dovuta anche alla debolezza dello Stato iracheno, che è ancora fortemente diviso tra vecchi politici sunniti e nuovi politici sciiti, che ancora non hanno trovato un equilibrio degli interessi tra di loro e rispetto ai curdi. Questo tipo di condizioni favoriscono le operazioni di gruppi locali di Al Qaeda.

D. – La rete del terrore come si inserisce in questa instabilità che sta squassando tutto il Medio Oriente, dalla Siria all’Egitto?

R. – Si inserisce con dinamiche autonome, cioè cerca di mantenere un’attività politico-terroristica nonostante sia stata clamorosamente battuta dal punto di vista politico pressoché ovunque. Le rivoluzioni arabe avevano chiaramente segnato il punto più basso della proiezione politica di Al Qaeda. Il problema è che anche potenze come gli Stati Uniti non hanno esitato a servirsi di notori jihadisti – per esempio – per abbattere Gheddafi in Libia, e non esitano a dare appoggi agli stessi gruppi quando si tratta di combattere in Siria. Quindi, c’è una politica estremamente contraddittoria tra potenze arabe locali e potenze euro-atlantiche, in materia di come avere una politica comune rispetto al fenomeno jihadista.

D. – Dopo la morte di Bin Laden, esiste ancora una leadership internazionale o parliamo di cellule locali che hanno scopi meramente regionali?

R. – Abbiamo un insieme di gruppi locali che condividono la stessa ideologia che però continuano ad avere anche rapporti con un capo iconico, riconosciuto, come Ayman al Zawahiri, dopo che Osama bin Laden è morto. L’operatività concreta è molto legata alla regione, e anche quando adesso si è data questa allerta alle 22 ambasciate statunitensi – tutte in Paesi arabi – si capisce bene che il focus di Al Qaeda è molto regionale. Quindi, gli Stati Uniti sì, ma gli Stati Uniti in posti "facilmente raggiungibili". Questo significa, però, che c’è un centro di discussione comune e di autorevolezza che è ancora nella figura di al Zawahiri. Ma tutto questo, ancora una volta, è frutto anche di indecisioni fortissime su come dare seguito alle rivoluzioni arabe: se i Paesi, soprattutto euro-atlantici, non fanno una chiara scelta di campo, da queste rivoluzioni arabe noi avremo delle Weimar arabe, che quindi finiranno malissimo... quale che sia, poi, l’esito con un dittatore rassicurante oppure con governi che noi chiameremmo estremisti.







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