Festa di Edith Stein, la martire di Auschwitz che insegnò la "scienza della Croce"
"Dichiarare oggi Edith Stein compatrona d'Europa significa porre sull'orizzonte del
vecchio Continente un vessillo di rispetto, di tolleranza, di accoglienza” per “una
società veramente fraterna”. Sono le parole del Motu Proprio con le quali, il primo
ottobre 1999, Giovanni Paolo II affidava il Vecchio continente alla protezione, tra
le altre, di Santa Teresa Benedetta della Croce, ebrea di nascita, convertita al cristianesimo
e martire ad Auschwitz. La Chiesa la celebra il 9 agosto e molto spesso in passato
Papa Wojtyla e Benedetto XVI hanno dedicato a questa figura parole di profonda ammirazione.
Il servizio di Alessandro De Carolis:
In un giorno
qualsiasi, una donna umile, stringendo la cesta della spesa, entra nel Duomo di Francoforte,
si inginocchia e prega brevemente e cambia la vita di chi la sta guardando. Chi la
osserva è una ragazza ebrea. Di nome fa Edith Stein, è una brillante neolaureata,
appassionata di filosofia, intellettualmente autonoma già a 14 anni, quando smette
consapevolmente di pregare, perché – afferma – preferisce far conto su di sé piuttosto
che su Dio. Eppure, la scena di quella donna con la spesa che prega e se ne va la
colpisce a fondo. Lo spiegherà così: “Ciò fu per me qualcosa di completamente nuovo.
Nelle sinagoghe e nelle chiese protestanti, che ho frequentato, i credenti si recano
alle funzioni. Qui però entrò una persona nella chiesa deserta, come se si recasse
ad un intimo colloquio. Non ho mai potuto dimenticare l'accaduto”. L’ebrea brillante
e in fondo indifferente a Dio ha sfiorato la fede. Che da soffio nell’anima diventa
roccia di una scelta nel 1921, quando legge in una notte la storia di Teresa d’Avila
e pochi mesi dopo, al culmine di un percorso di ricerca si fa battezzare. Canonizzandola
l’11 ottobre 1998, Giovanni Paolo II riassumeva così quel periodo:
“Percorse
il cammino arduo della filosofia con ardore appassionato ed alla fine fu premiata:
conquistò la verità, anzi ne fu conquistata. Scoprì, infatti, che la verità aveva
un nome: Gesù Cristo, e da quel momento il Verbo incarnato fu tutto per lei. Guardando
da carmelitana a questo periodo della sua vita, scrisse ad una benedettina: 'Chi cerca
la verità, consapevolmente o inconsapevolmente cerca Dio'”.
Carmelitana.
Al fuoco che arde da sempre nella giovane di origine ebrea non è sufficiente la legna
di una fede spicciola. Edith Stein vuole tutto della sua nuova vita. E vuole dare
tutto. Nel 1933, si presenta alla madre priora del Monastero delle Carmelitane di
Colonia e dopo i primi voti prende il nome di Suor Teresa Benedetta della Croce. La
croce è quella che il suo Paese sta vivendo in quegli anni. L’orrore esplode il 9
novembre 1938, la “Notte dei cristalli”, quando la furia nazista manifesta nel sangue
l’odio antisemita, bruciando sinagoghe, uccidendo e deportando. Edith Stein è in grave
pericolo di vita e viene spostata in un monastero olandese. Ma la sua nuova fede -
ricorda Giovanni Paolo II - ha già bruciato le tappe ed è più forte della paura:
“Pochi
giorni prima della sua deportazione la religiosa, a chi le offriva di fare qualcosa
per salvarle la vita, aveva risposto: 'Non lo fate! Perché io dovrei essere esclusa?
La giustizia non sta forse nel fatto che io non tragga vantaggio dal mio battesimo?
Se non posso condividere la sorte dei miei fratelli e sorelle, la mia vita è in un
certo senso distrutta'”.
Il 2 agosto 1942, la Gestapo bussa alla porta
del monastero. Nel giro di cinque minuti, suor Teresa Benedetta della Croce deve presentarsi
assieme a sua sorella Rosa. Per lei sono le ultime parole di Edith Stein: “ Vieni,
andiamo per il nostro popolo”. La prima tappa è il campo di raccolta di Westerbork,
con molti altri ebrei convertiti al cristianesimo. All'alba del 7 agosto un carico
di 987 ebrei parte in direzione Auschwitz. Il 9 agosto Suor Teresa Benedetta della
Croce e sua sorella Rosa entrano nella camera a gas. Davanti alla lapide che la ricorda,
Benedetto XVI si ferma nella sua storica visita nel campo di concentramento
polacco del 28 maggio 2006:
“Come cristiana ed ebrea, ella accettò di morire
insieme con il suo popolo e per esso. I tedeschi, che allora vennero portati ad Auschwitz-Birkenau
e qui sono morti, erano visti come Abschaum der Nation - come
il rifiuto della nazione. Ora però noi li riconosciamo con gratitudine come i testimoni
della verità e del bene, che anche nel nostro popolo non era tramontato. Ringraziamo
queste persone, perché non si sono sottomesse al potere del male e ora ci stanno davanti
come luci in una notte buia”.
Una notte che la sua testimonianza trasforma
in una luce potente per molti, che spiove sul mistero dell’amore e del dolore cristiano
e, spiega Giovanni Paolo II, li illumina:
“Il mistero della Croce
pian piano avvolse tutta la sua vita, fino a spingerla verso l'offerta suprema. Come
sposa sulla Croce, Suor Teresa Benedetta non scrisse soltanto pagine profonde sulla
‘scienza della croce’, ma fece fino in fondo il cammino alla scuola della Croce. Molti
nostri contemporanei vorrebbero far tacere la Croce. Ma niente è più eloquente della
Croce messa a tacere! Il vero messaggio del dolore è una lezione d'amore. L'amore
rende fecondo il dolore e il dolore approfondisce l'amore”.