Immigrazione, l'Italia accoglie i naufraghi rifiutati da Malta
Sono 102 i naufraghi della nave Salamis, tra loro quattro donne incinte e un neonato
di cinque mesi, rifiutati da Malta nonostante le sollecitazioni della Commissione
europea di Bruxelles. Dopo il no delle autorità maltesi all’attracco dell’imbarcazione,
e dopo un negoziato diplomatico, nella notte il governo italiano ha dato l’assenso
per lo sbarco dei migranti nel porto di Siracusa. Daniel Ienciu ne ha parlato
con la responsabile dell’ufficio stampa e comunicazione del Consiglio Italiano per
i Rifugiati, Valeria Carlini:
R. - Crediamo
che il rifiuto da parte di Malta di accogliere 102 migranti in condizioni di estrema
vulnerabilità - ricordiamo c’erano quattro donne incinte, una persona ferita ed un
bambino di soli cinque mesi - dopo essere stati soccorsi da più di due giorni da una
nave commerciale, è estremamente grave. Riteniamo questa una violazione degli obblighi
internazionali di Malta; su questo bisogna essere chiari. Nel momento in cui un natante
in difficoltà viene soccorso, deve essere portato verso il primo porto sicuro; così
ci dicono le convenzioni internazionali. In questo caso, il porto sicuro non può essere
considerato solamente un porto geograficamente vicino come vorrebbe Malta, che voleva
rimandare in Libia i migranti e naufraghi raccolti nelle acque. Ma il porto sicuro
è quel porto che riesce a rispettare anche i diritti umani e i diritti fondamentali
delle persone che sono su quella nave, e come hanno detto anche altre fonti onorevoli,
la Libia in questo momento non dà assicurazioni di nessun tipo rispetto alla salvaguardia
dei migranti. Le condizioni dei rifugiati sono estremamente gravi e non crediamo che
potesse essere considerato in nessun modo un luogo sicuro in cui i migranti forzati
potevano essere assistiti e soccorsi. Dobbiamo però dire anche un’altra cosa: se è
evidente che la responsabilità, in questo caso, ricadeva su Malta che doveva essere
il primo porto di attracco, che doveva dare un’accoglienza ed un’assistenza dovuta
e necessaria a questi migranti dobbiamo anche dire che a livello europeo di deve dimostrare
una solidarietà differente. Malta è una piccola isola, un avamposto nel Mediterraneo;
è come fosse una Lampedusa senza però avere l’Italia dietro. È evidente che Malta
non deve essere lasciata da sola e l’Europa deve predisporre dei piani di ricollocamento
di quei rifugiati che arrivano con numeri cospicui sulle coste del Mediterraneo.
D.
- Come commenta la decisone del governo italiano di accogliere i migrati a bordo della
nave Salamis nel porto di Siracusa? A quanto pare l’Italia rischia di rimanere l’unico
Paese del Mediterraneo pronto ad accogliere i migranti. Cosa ne pensa?
R. -
Prima di tutto vogliamo ringraziare il governo italiano che ha fatto un gesto di solidarietà
molto improntate. Crediamo che abbia dato un grande segnale. Diciamo che in questi
anni - e questo deve essere riconosciuto all’Italia - le nostre forze militari, la
nostra marina, la guardia di finanza hanno salvato migliaia di vite di migranti nel
Mediterraneo. Dobbiamo anche dire che non può rimanere - come ho detto precedentemente
- un problema dell’Italia o di Malta. Da questo punto di vista, l’Europa deve dimostrare
una solidarietà ben diversa. Però dobbiamo anche ricordare una cosa su cui molto spesso
purtroppo non si fa chiarezza: bisogna dire che l’Italia non è invasa da richiedenti
asilo o rifugiati. Le domande di asilo che l’Italia ha ricevuto lo scorso anno sono
circa 15700, mentre lo stesso anno la Germania ne ha ricevute più di 77 mila, la Francia
più di 60 mila e la Svezia, che è un piccolo Paese, più di 43 mila. Quindi nonostante
gli arrivi drammatici dalla Libia, dalla Tunisia, dall’Egitto - quindi dalle coste
del sud del Mediterraneo - che obbligano l’Italia a mettere in piedi delle strutture
di assistenza che altri Paesi non vedono, il numero delle persone che effettivamente
arrivano a chiedere protezione nel nostro Paese non è minimamente ancora paragonabile
a quelli dei Paesi del nord Europa. Quindi su questo dobbiamo essere chiari per non
avere una sindrome di invasione che non è assolutamente quella corretta - secondo
noi - da trasmettere. Però è anche doveroso ricordare che questo tipo di assistenza
e di impegno di salvaguardia umanitario dovrebbe avere anche una corrispondenza di
solidarietà a livello europeo.