2013-08-03 14:57:08

Allarme terrorismo: gli Stati Uniti chiudono 21 sedi diplomatiche. Si teme un attacco di Al Qaeda


Saranno 21 le sedi diplomatiche statunitensi chiuse domani per un “allarme terrorismo”. In un comunicato del Dipartimento di Stato americano si parla di minacce “gravi e credibili”. Obiettivi di Al Qaeda sarebbero ambasciate e turisti americani in Africa e Medio Oriente. Su questo allarme, Michele Raviart ha intervistato Andrea Margelletti, presidente del Centro Studi Internazionali:RealAudioMP3

R. – E’ un allarme che viene da più fonti, fonti principalmente di tipo elettronico, ed anche da alcuni informatori sul terreno, nelle zone dove sono presenti Al Qaeda e le realtà ad essa vicina. Si teme un possibile attacco verso i cosiddetti “bersagli morbidi”, sullo stile di quanto avvenuto in Spagna alcuni anni fa. E’ per questo che nei confronti dei cittadini americani e delle delegazioni diplomatiche, il dipartimento di Stato ha provveduto alla chiusura precauzionale delle ambasciate.

D. – Questo allarme riguarda anche i cittadini. Cosa rischia la gente comune?

R. – La gente comune rischia di trovarsi, come spesso avviene, coinvolta nei terribili atti terroristici, in mezzo a quello che ormai è il mondo di oggi, cioè una realtà che non è più sicura come vorremmo che fosse, anche se naturalmente le forze dell’ordine e i servizi di Intelligence lavorano esattamente per far sì che ciascuno di noi possa vivere con serenità la propria quotidianità.

D. – Che cosa vuole nel 2013 Al Qaeda?

R. – Al Qaeda vuole innanzitutto riprendere il suo punto di centralità nel mondo dei movimenti jihadisti. Realtà che ha un po’ perso, negli ultimi anni, a seguito delle efficaci attività di antiterrorismo, che sono state svolte dalla comunità internazionale. Al Qaeda adesso è una realtà meno centralizzata del passato, ma non di meno presente con una serie di realtà religiose che vanno dal Corno d’Africa, allo Yemen, all’Africa subsahariana, che sono particolarmente strutturate e presenti su quelle aree.

D. – Abbiamo parlato dello Yemen, che tra l’altro è l’unico Paese nel quale sono state chiuse anche alcune ambasciate europee. Perché in quel Paese è particolarmente sensibile l’allarme terrorismo?

R. – Perché è un Paese dove da molto tempo si vive una realtà di difficoltà, di autorevolezza da parte del potere centrale, che si scontra con dinamiche tribali e religiose endemiche all’interno della nazione. Questo rende lo Yemen un Paese particolarmente importante e da supportare nelle politiche di prevenzione.

D. – Sembra esserci un allarme minore in Europa. Si è detto che i Marines sono pronti ad intervenire. Qual è la situazione della sicurezza europea e, a questo punto, italiana in particolare, riguardo alla minaccia del terrorismo?

R. – Le operazioni che negli ultimi anni hanno caratterizzato le attività di prevenzione, di antiterrorismo nel nostro Paese dimostrano come le forze dell’ordine e i servizi abbiano lavorato in maniera eccellente. Da noi non è avvenuto quello che è avvenuto purtroppo in altri Paesi. Questo non vuol dire che la linea della tensione si sia abbassata, anzi, semmai, continua a mantenersi estremamente elevato il livello di guardia. Nondimeno in Europa, grazie ad una tradizione di qualità proprio delle Forze dell’ordine e dei servizi di Intelligence, molte delle realtà, delle cellule terroristiche sono sotto controllo. Questo, però, naturalmente non esclude i cosiddetti lupi solitari o altre realtà, che oggettivamente sono così piccole da rischiare spesso di andare sotto i radar della sorveglianza.

D. – Si può fare un bilancio della lotta al terrorismo? A che punto siamo?

R. – E’ una battaglia che riguarda soprattutto la politica e lo stato sociale all’interno dei diversi Paesi. Guardare la lotta ad Al Qaeda, al terrorismo a matrici religiose, esclusivamente dal prisma dei risultati di tipo “militare” non è sufficiente. Ci vorranno molti anni e soprattutto occorreranno forti politiche di collaborazione e di supporto all’instaurazione nei nostri Paesi di realtà democratiche, considerate dai propri cittadini autorevoli e non solo autoritarie.







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