P. Casalone: Papa Francesco chiede ai gesuiti di trovare nuovi modi di evangelizzazione
“Essere uomini radicati e fondati nella Chiesa: così ci vuole Gesù”: è uno dei passaggi
forti dell’omelia che Papa Francesco ha pronunciato nella Festa di Sant’Ignazio di
Loyola nella Chiesa del Gesù a Roma. Una celebrazione di grande significato, essendo
Papa Bergoglio il primo Pontefice della Compagnia di Gesù. Antonella Palermo
ne ha parlato con padre Carlo Casalone, provinciale dei gesuiti d’Italia:
R. - C'è un’impressione
di grande familiarità e di grande vicinanza di Papa Francesco, che conosce il suo
cammino, la sua formazione all’interno della Compagnia e - come ha sottolineato il
padre generale, Adolfo Nicolas - si sente gesuita, pensa come un gesuita.
D.
- Papa Francesco ha messo in guardia sul costruirsi cammini paralleli in seno alla
Chiesa e ha detto, invece, la creatività va bene…
R. - Su questo devo dire
che Papa Francesco si richiama alle parole che anche Papa Benedetto XVI ha detto alla
Congregazione generale dei Gesuiti nel 2008: “Andare alle frontiere”. Andare alle
frontiere vuole dire andare in quei luoghi, che lui chiama periferie, dove si è meno
presenti: sono periferie non solo geografiche, ma anche culturali ed esistenziali
di povertà, di marginalità, di fragilità, alle quali il Vangelo in particolare si
rivolge. Quindi si tratta di trovare nuove modalità nella logica della nuova evangelizzazione,
che non cambia il Vangelo, ma cambia il modo di portarlo, di testimoniarlo, rinnova
colui che evangelizza o la comunità che evangelizza, in modo che possa farlo con rinnovata
intensità e con modalità che siano effettivamente recepibili da coloro ai quali si
rivolge.
D. - Una parola risuona con urgenza nella omelia del Santo Padre,
che è quella della “vergogna”. Vorrei che ci aiutasse a capire bene in che senso dobbiamo
parlare di vergogna…
R. - Papa Francesco si riconosce profondamente radicato
nella spiritualità della Compagnia e questa parola che lui ha utilizzato viene dagli
esercizi spirituali, dove - nella fase iniziale del percorso degli esercizi - Ignazio
di Loyola parla della meditazione sul peccato. Papa Francesco dice che noi facciamo
fatica a sentire vergogna per il male nelquale siamo implicati, il male con il quale
siamo collusi. E' bene invece che noi riconosciamo il nostro limite e che cerchiamo
onestamente di riconoscere quelle zone oscure, quel lato oscuro della nostra esperienza
umana, che ha a che fare con la vergogna e con la colpa.
D. - Da qui si può
cogliere il motivo di ripartenza e di rinnovamento della Chiesa?
R. - Penso
che questo sia una buona strada di partenza, che inizia dalla conversione personale
di ciascun credente, a partire dal Papa. Nel viaggio di ritorno dalla Gmg di Rio,
il Papa ha detto: io veramente non so come saranno organizzati lo Ior piuttosto che
la Curia, però so che dobbiamo lavoraci, che dobbiamo lavorarci insieme, che dobbiamo
confrontarci, che dobbiamo riconoscere le cose che non vanno e da lì partire, onestamente
e semplicemente, per costruire delle modalità migliori.
D. - Il Papa verso
la fine dell’omelia ha inserito due richiami iconografici, che hanno a che fare con
l’immagine del tramonto e ha fatto riferimento a due pilastri della Compagnia di Gesù:
San Francesco Saverio e il padre Pedro Arrupe…
R. - Sì, le ha definite due
icone di gesuiti che hanno speso la loro vita fino in fondo, cioè fino al tramonto,
ma anche fino in fondo esistenzialmente, che si sono cioè dati completamente alla
missione. Francesco Saverio, dopo la sua missione in Oriente, cercando di andare in
Cina senza riuscirci, e quindi volgendo lo sguardo a un nuovo orizzonte missionario;
e padre Arrupe che, alla fine del suo impegno come preposito generale della Compagnia
di Gesù, si è giocato fino in fondo nella linea della offerta della propria vita al
servizio del Vangelo nella Chiesa.