2013-08-01 14:13:25

Nuovo monito del governo egiziano ai Fratelli musulmani: via dalle piazze


In Egitto sale la tensione dopo la decisione del governo di far sgomberare le piazze occupate di Fratelli musulmani. In una dichiarazione in tv, il portavoce del Ministero dell'Interno ha chiesto ai manifestanti di essere “saggi” e di lasciare i presidi in cambio di un'uscita sicura e una protezione totale. Questa decisione è dunque l’ennesimo muro contro muro tra le parti? Al microfono di Benedetta Capelli risponde Antony Santilli docente di lingua e cultura araba alla Luiss di Roma:RealAudioMP3

R. – Possiamo dire senza ombra di dubbio di sì, nel senso che è un muro contro muro maturato ormai da mesi, in realtà da quando è scoppiata la prima fase della rivoluzione egiziana. L’esercito ha governato e guidato il processo di transizione egiziano nei primi mesi, ha tentato di resistere alle pressioni che dall’esterno e dall’interno sono state esercitate nei suoi confronti per attuare un processo di transizione democratico trasparente. Oggi possiamo sostanzialmente dire che ha preso la sua rivincita, legittimato da una piazza scontenta dell’operato della Fratellanza islamica al governo.

D. – Ma, secondo lei, da questa impasse poi come si può venire fuori?

R. – La situazione è oggettivamente critica e le previsioni sono veramente difficili; sostanzialmente, l’esercito – il Consiglio supremo delle Forze armate – ha delegittimato un processo elettorale giudicato da tutti gli organismi internazionali come trasparente, se pure con i normali difetti che possono prodursi nel momento elettorale in Paesi che per anni non hanno adoperato questo tipo di processi decisionali. Allo stesso tempo, questo atteggiamento dell’esercito, sostenuto dalle piazze che per mesi hanno continuato con mobilitazioni e proteste, rappresenta un precedente che è stato avvallato anche dal silenzio delle potenze occidentali. Quest’ultime hanno sostanzialmente comunicato la loro preoccupazione senza però essere determinate nel fermare l’operato dell’esercito contro i Fratelli musulmani e contro il processo di transizione in corso.

D. – Ieri, la visita al deposto presidente Morsi da parte di una delegazione dell’Unione Africana e prima ancora c’era stata la visita della diplomatica europea, Ashton. Si sta effettivamente facendo un pressing per la pacificazione dell’Egitto?

R. – Si: un pressing alquanto sterile, a mio avviso, soprattutto perché il pressing si sarebbe dovuto fare prima dell’intervento dei militari che, secondo fonti acclarate, era già noto all’establishment degli Stati Uniti. Da questo punto di vista, le dichiarazioni ultime del governo statunitense non sono dichiarazioni che possano farci sperare in una pacificazione immediata. Infatti, parlare – come per esempio ha fatto recentemente il governo degli Stati Uniti – di una garanzia che l’esercito deve dare alla popolazione egiziana perchè possa manifestare liberamente e pacificamente nel Paese, significa chiedere una garanzia alquanto sterile. Non dimentichiamo che l’esercito stesso è stato sostenuto da anni proprio dagli Stati Uniti attraverso un finanziamento costante, sia di armamenti sia nella sua leadership politica. Gli Stati Uniti sono coloro che, assieme all’Unione Europea, hanno detto sì al processo di transizione egiziano, culminato nell’elezione dell’Assemblea per la promulgazione del testo costituzionale, ma oggi queste stesse potenze sono silenti di fronte ad un intervento delle forze armate che non si sono limitate solo a deporre i Fratelli musulmani, ma hanno sospeso il testo costituzionale e sono intenzionate anche ad utilizzare le maniere forti nei confronti dei sit-in in sostegno al deposto presidente Morsi.







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