Il presidente dello Yemen incontra Obama: si decide la sorte di oltre 50 prigionieri
di Guantanamo
E’ previsto per oggi a Washingotn l’incontro tra Barack Obama e il presidente dello
Yemen Mansour Hadi. Sul tavolo il trasferimento dei 56 prigionieri yemeniti detenuti
a Guantanamo. Intanto nel sud-est dello Yemen un attacco americano ha ucciso quattro
sospetti militanti di Al-Qaeda. Sull’importanza strategica del Paese arabo, a lungo
diviso tra Nord e Sud, Michele Raviart ha intervistato Farian Sabahi,
docente di Storia dei Paesi islamici all’Università di Torino:
R. – Lo Yemen
è l’unica Repubblica della penisola araba e, al tempo stesso, è il Paese più popoloso
- ha 24 milioni di abitanti – ma è anche il più povero tra gli Stati arabi, con un
reddito medio pro capite annuo di circa mille dollari: metà della popolazione vive
sotto la soglia di povertà, con meno di due dollari al giorno. C’è il problema dei
rifugiati che arrivano dal Corno d’Africa, c’è poco petrolio, ma lo Yemen è fondamentale
nel business energetico, perché da BabelMandeb, la costa occidentale
dello Yemen, transitano le petroliere che si dirigono verso il Mar Rosso, verso il
Canale di Suez ed evitano così di circumnavigare il continente africano. Lo Yemen,
quindi, condiziona in modo determinante il prezzo del carburante, il prezzo dell’oro
nero.
D. – Quali sono gli interessi specifici degli Stati Uniti?
R.
– Gli interessi specifici degli Stati Uniti hanno a che fare con Al Qaeda, a parte
ovviamente la questione del petrolio. Per capire lo Yemen credo sia necessario leggere
la storia del Paese. Il Paese è stato unificato soltanto nel 1990; nel Nord ha regnato
una dinastia d’imam fino al 1962, poi il Paese è diventato Repubblica; il Sud è Protettorato
britannico e poi diventa Repubblica socialista indipendente; nel 1967 lo Yemen rimane
legato all’Urss, per cui ha giocato un ruolo fondamentale nella Guerra Fredda; c’è
uno scontento al Sud, che si sente colonizzato dal Nord, per gli investimenti mancati
e per l’imposizione di una certa tradizione pesante da parte del Nord; nel ’94 c’è
stata poi una guerra civile prolungata, ed è in questo contesto che si inserisce poi
Al Qaeda e si inserisce anche la lotta al terrorismo degli Stati Uniti. Delle 86 persone,
infatti, che dovrebbero essere rilasciate da Guantanamo, 58 dovrebbero essere rimpatriate
proprio in Yemen. Si teme, quindi, che si uniscano ai militanti di Al Qaeda.
D.
– Qual è la situazione del governo, che è stato coinvolto nelle primavere arabe?
R.
– Il nuovo presidente Mansour Hadi era il vice del presidente Ṣāliḥ, quindi non è
un uomo nuovo, anche se è un uomo del Sud e un uomo che garantisce continuità agli
Stati Uniti. Lo stesso vale per i nipoti di Ṣāliḥ che continuano a rimanere nelle
posizioni chiave, nella lotta contro il terrorismo. Ricordiamo che in Yemen è in atto
un dialogo, che coinvolge non solo le grandi potenze, ma coinvolge 500 deputati che
appartengono alle diverse fazioni politiche. La cosa importante però è successa nel
febbraio del 2010: il cessate il fuoco con i ribelli Houti nel Nord, che ha permesso
alle autorità dello Yemen di concentrarsi su Al Qaeda e sui separatisti del Sud. Il
problema con le primavere arabe c’è stato dal 2011, perché, di fatto, le autorità
si sono dovute concentrare sugli oppositori e quindi Al Qaeda ha avuto una possibilità
in più per cementarsi in varie località nella provincia di Abyan, nel Sud. E contro
di loro si sono scatenati poi i droni americani.