Razzismo, al via un piano nazionale d’azione per combatterlo
Lotta al razzismo, alla xenofobia e all’intolleranza. Sono i temi centrali del Piano
nazionale d’azione promosso dal ministro dell’Integrazione, Cecile Kienge, con la
collaborazione dell’Unar, l'Ufficio nazionale anti discriminazioni razziali, e il
Ministero del lavoro e politiche sociali italiano. A margine della conferenza di presentazione,
a Roma in Presidenza del Consiglio dei ministri, Federica Baioni ha intervistato
il viceministro del Lavoro e politiche sociali con delega alle pari opportunità,
Maria Cecilia Guerra:
R. – Bisogna,
prima di tutto, conoscere meglio il fenomeno, capirne la rilevanza e i punti dove
colpisce di più e quali sono gli ostacoli che ci impediscono di superarlo. Possono
essere ostacoli di tipo normativo, perché spesso, anche se non ce ne accorgiamo sono
le norme che discriminano. Un altro aspetto molto importante è quello che viene chiamato
il razzismo istituzionale, cioè la poca preparazione e formazione di chi, pur senza
cattiva volontà, non è però preparato a gestire questo fenomeno.
D. – Pianificare
per un biennio o comunque cercare di mettere dei punti e delle linee guida a questo
argomento molto importante in questo periodo: ce ne vuole parlare?
R. – Sì,
sicuramente. L’idea è proprio quella di pianificare e soprattutto chiamare a concorrere
sia alla progettazione e poi – e sarà ancora più importante – alla pianificazione
un insieme ampio di soggetti. In primo luogo, i soggetti istituzionali: le competenze
che possono essere rilevanti per la lotta al razzismo, alla xenofobia e all’intolleranza
sono ovviamente divise fra varie amministrazioni – pensi alla scuola, pensi al lavoro,
per fare gli esempi più banali, ma anche allo sport e alla comunicazione – quindi
bisogna che tutti concorrano in azioni che sono coordinate. Gli enti territoriali
ovviamente sono spesso quelli più coinvolti, proprio perché sono collocati sul fronte,
con loro le associazioni e le parti sociali. Questa è un po’ la struttura dei soggetti
che verranno coinvolti. Può essere l’insegnante a scuola lui stesso razzista o incapace
di gestire un fenomeno di discriminazione che si verifica nella sua classe. Può essere
in campo sanitario, come le Forze dell’ordine che molto lavoro su questo profilo sono
chiamate a fare e stanno facendo anche in termini di formazione al loro interno. Quindi,
bisogna capire dove sono gli snodi su cui poter intervenire, individuare degli obiettivi
che siano, appunto, praticabili nell’arco di tempo che ci stiamo dando, definire delle
azioni che possono anche essere monitorate. Ovviamente, il piano potrebbe avere maggior
forza e potrà aver maggior forza anche se ci si mettono più risorse, ma non è solo
un problema di risorse. Ci sono tantissime cose che si possono fare anche a costi
ridotti, se non addirittura a costo zero. Importante è capire quali siano le vie migliori
per intervenire.