Pakistan: parlamento vota per il nuovo presidente. I talebani assaltano una prigione
In Pakistan più di 200 detenuti sono evasi da una prigione a Dera Ismail Khan, nel
nord-ovest del Paese, grazie ad un attacco dei talebani. All’azione hanno partecipato
kamikaze e uomini armati di mortai e mitragliatrici, che hanno fatto irruzione nel
carcere vestiti da poliziotti. L’assalto avviene nel giorno in cui le due camere del
parlamento e quattro consigli provinciali si riuniscono in seduta comune per eleggere
il nuovo presidente. Ma qual è la situazione politica, dopo che Asif Ali Zardari,
in carica dal 2008, ha rinunciato a candidarsi? Michele Raviart lo ha chiesto
a Diego Abenante, docente di storia dei Paesi Afro-Asiatici all’Università
di Trieste:
R. - La situazione
che si è creata dopo le ultime elezioni, che si sono tenute nel maggio 2013, è una
situazione che potremmo definire relativamente stabile, nel senso che c’è stata una
vittoria larga di un partito, che è appunto la "Pakistan muslim league", guidata da
Nawaz Sharif, attualmente per la terza volta primo ministro, che ha sostanzialmente
il controllo dell’Assemblea nazionale. E’ molto probabile che il candidato presidenziale
proposto da questo partito si affermerà abbastanza facilmente.
D. - Il presidente
in carica Zardari ha rinunciato a candidarsi. Perché questa scelta?
R. - E’
consapevole del fatto che non ha delle possibilità concrete di essere eletto per una
ragione di numeri. Zardari ha avuto negli ultimi mesi anche delle relazioni piuttosto
tormentate con gli Stati Uniti d’America: questo naturalmente non ha giocato a suo
favore.
D. - I candidati più forti sembrano essere Mamnoon Hussein della Lega
musulmana e Wajihuddin Ahmed del Movimento per la giustizia. Chi sono? R. - Il
primo è un uomo politico di Karachi e in realtà un muhajir: questo è un termine complicato
che indica in pratica i discendenti dai rifugiati che si sono spostati dall’India
nel 1947 in territorio pakistano. Il Pakistan muslim league è un partito che è fortemente
radicato nella memoria, nelle storie, nelle tradizioni di questi muhajir. Quindi,
in qualche modo rappresenta questo tipo di ambiente. Per quanto riguarda il secondo
candidato, Wajihuddin Ahmed, è un magistrato che si è distinto un po’ per la lotta
per la democrazia. Un personaggio interessante, ma certo non sembra avere grandi chance
di elezione.
D. - Che ruolo politico ha il presidente del Pakistan?
R.
- La posizione del presidente in questo momento non è particolarmente potente, perché
il grosso dei poteri in Pakistan è detenuto dal primo ministro. C’è stata sempre un’oscillazione
tra queste due figure - primo ministro e presidente - dal punto di vista dell’equilibrio
dei poteri. Questo perché ogniqualvolta si è insediato un potere militare, ha sempre
cercato di rafforzare i poteri del presidente. Però, le volte in cui il governo è
ritornato nelle mani dei civili, questi hanno normalmente cancellato i poteri speciali
attribuiti al presidente, rafforzando quindi nuovamente la figura del primo ministro.
In questo momento, il primo ministro è tornato a essere una figura dominante. Una
vittoria del candidato della Lega musulmana, in questo momento, avrebbe più che altro
il significato di sancire la posizione di domini sul sistema politico pakistano.
D.
- Sul piano internazionale, quali sono le sfide che dovrà affrontare nell’immediato
il governo? R. - Il primo ministro Sharif avrà di fronte a sé un problema molto
importante e molto grave, che è quello di ricostruire i rapporti con gli Stati Uniti,
che continuano a essere la principale fonte di assistenza finanziaria all’economia
del Pakistan. Si tratta di rassicurare in particolare gli Stati Uniti sulla volontà
del Pakistan di interrompere un sostegno politico alla militanza islamista lungo la
frontiera afghano-pakistana, nonché di contribuire anche in modo positivo alla ricostruzione
e alla riconciliazione in Afghanistan. Tutto questo dovrà essere fatto in un contesto
interno pakistano molto, molto difficile. Non dimentichiamo che in Pakistan c’è molta
opposizione al problema degli attacchi dei droni con cui gli Stati Uniti continuano,
effettivamente, a colpire la zona di frontiera tra Afghanistan e Pakistan. Sharif
dovrà dare l’impressione di ottenere anche qualche risultato da questo punto di vista.