Al via a Washington la prima fase dei negoziati di pace israelo-palestinesi
Al via a Washington, dopo quasi tre anni di blocco totale, i negoziati di pace israelo-palestinesi.
Lo ha annunciato il dipartimento di Stato americano. Il presidente Obama parla di
“un promettente passo in avanti verso la pace'' e auspica “buona fede e determinazione”,
“la pace in Medio Oriente – aggiunge – è possibile e necessaria”. Dal canto suo incontrando
al Palazzo di Vetro il capo negoziatore israeliano Livni, il segretario generale Onu
Ban Ki Moon ha espresso “forte sostegno'' per la ripresa di negoziati credibili, sottolineando
apprezzamento per la decisione del premier Netanyahu. Non poche le tensioni in seno
al governo israeliano, esplicitate in una riunione che ha dato l’ok alla ripresa dei
colloqui, ma a certe condizioni. Sui limiti posti, Salvatore Sabatino ha intervistato
Ennio Di Nolfo, docente emerito di Relazioni Internazionali presso l’Università
di Firenze:
R. – La condizione
principale è che i prigionieri che vengono rilasciati sulla base dell’accordo di questa
notte – di ieri, anzi – verranno rilasciati in quattro ondate successive a seconda
dell’andamento dei negoziati. La seconda condizione è che c’è una certa ambiguità
per quello che riguarda sia la natura o la definizione dei confini – che deve essere
fatta come una premessa dei negoziati che invece gli israeliani rifiutano di accettare
– sia il blocco degli insediamenti israeliani nella West Bank che ancora una volta
- gli israeliani esitano ad accettare. Questi sono gli ostacoli principali rispetto
ai quali, secondo me, c’è invece una situazione generale molto favorevole ad un accordo.
D.
– Con queste limitazioni, non si indebolisce un po’ quella che è stata la grande azione
americana in questo caso?
R. – Non c’è dubbio, perché è evidente che si tratta
di un tentativo coraggioso, persistente. Il segretario di Stato Kerry si è recato
ben sei volte nella regione, dove ha parlato a lungo con Netanyahu e con Mahmoud Abbas.
Ha deciso che per ora ha inizio un negoziato che avvia i negoziati, una sorta di
"pre-negoziato". D’altra parte, però, è il massimo che si poteva ottenere in questa
situazione, tenuto conto il fatto che pochissimi giorni fa la possibilità di un accordo
era ancora esclusa del tutto.
D. – È quindi un successo per l’amministrazione
americana ...
R. – È un buon successo. Non si può ancora dire un ottimo successo
della politica estera americana, ma un buon successo. Soprattutto, pare che il ministro
israeliano che ha più caldamente sostenuto l’accordo sia il ministro della Giustizia,
Tzipi Livni, che andrà a Washington ad avviare questi negoziati insieme al palestinese
Erekat. Il primo, inoltre, durante la riunione di ieri del Consiglio dei ministri
israeliano ha tenuto un atteggiamento quanto mai decoroso con un discorso che ha persuaso
anche coloro che esitavano ad accettare di avviare il negoziato.
D. – Sul fronte
palestinese, invece sembra esserci un clima un po’ più sereno, nonostante anche loro
abbiano dei punti fermi...
R. – Certamente. Loro hanno una serie di ostacoli,
direi paralleli, a quelli israeliani, perché ovviamente vorrebbero una situazione
chiara per quello che riguarda gli insediamenti e il confine del 1967. Però, bisogna
tenere conto che in questo momento la situazione dei palestinesi è quanto mai fragile
visto ciò che accade in Siria, in Libano, in Egitto che praticamente isola la Striscia
di Gaza e isola anche l’autorità nazionale palestinese.
D. – Se tutto andrà
per il verso giusto a questo punto le trattative israelo-palestinesi potranno decollare.
Ci possiamo sperare?
R. – Direi che questi sono i giorni della speranza. D’altra
parte, ci hanno insegnato in tanti, a partire da Papa Francesco, che bisogna sperare
in queste cose. Quindi, credo sia il caso di sperare. Bisogna vedere cosa riescono
a fare questi pre negoziatori: se riescono a stabilire delle regole decenti ed accettabili
per entrambi, allora poi avrà inizio il negoziato vero e proprio, che si prevede possa
durare nove mesi. Questa è un premessa certamente direi che autorizza un misurato
ottimismo.