Le emozioni dei giovani che hanno partecipato alla Via Crucis
Circa un milione e mezzo i giovani che ieri hanno partecipato alla Via Crucis a Copacabana.
In silenzio prima, pregando e riflettendo sulla passione e la morte di Cristo, e poi
attendendo c le parole che il Papa ha rivolto loro. Ascoltiamo il servizio di Marina
Tomarro:
Che cosa ha
lasciato la Croce di Gesù in ciascuno di voi? E che cosa insegna alla nostra vita
questa Croce? Sono due interrogativi forti, quelli che Papa Francesco ha rivolto alla
folla di giovani che anche ieri sera ha invaso Copacabana per poter assistere alla
toccante Via Crucis. Ma come hanno risposto i giovani a queste esortazioni? Ascoltiamo
alcuni commenti:
R. – Dalla Croce sicuramente bisogna imparare ad apprendere
il modo giusto per affrontare il dolore, il modo giusto per affrontare tutte le difficoltà
che sono poi le piccole croci che anche Cristo stesso ci dice di prendere. Da questa
esperienza, imparare ad affidarci, quindi, a dare a Cristo la nostra fiducia nel sapere
che Lui è a portarla. Siamo studentesse del Campus Biomedico di Roma: ci scontriamo
molto spesso con la questione del dolore. Avere la certezza che Cristo ci accompagna,
che ci aiuta sempre e il fatto di affidare a Lui certe cose che sono più grandi di
noi… non possiamo andare oltre, ci sono alcune cose che non possiamo spiegare. Sapere,
però, di poterle affidare a Lui e sapere anche di essere accompagnate da Lui nel portarle
è una certezza che riempie tanto.
R. – Secondo me, una cosa bellissima è la
possibilità di condividere: l’idea che Cristo abbia sofferto dà una spiegazione o
ti aiuta a pensare che puoi superare quel momento difficile e che non sei da solo
a superarlo. E anche saper dedicare tempo nell'incontro con il dolore degli altri
è una chiave di lettura per imparare a portare la nostra croce e aiutare gli altri
a portare la loro.
R. – E’ la dimostrazione che esiste, la speranza. Magari
per tanti è un simbolo negativo, che indica il dolore: invece, credo che quelle braccia
allargate della Croce diano un segno vivo di speranza, perché sono l’abbraccio di
Cristo e l’esempio di Cristo che dice: “E’ vero, io sono morto su questa Croce però
da questa Croce sono anche risorto”.
R. – Sicuramente, come ha detto il Papa
più volte, come ha ripetuto anche nella Domenica delle Palme, noi non dobbiamo farci
rubare la gioia, la speranza di una gioia futura. Io di questo sono convinto, ma di
sicuro sono consapevole del fatto che una vita comporta anche sofferenze e dolori,
dolori che però noi dobbiamo essere in grado di vedere alla luce di Cristo, alla luce
della sua Croce: infatti, non c’è risurrezione, non c’è gioia se prima non passiamo
attraverso la Croce.
D. – Il Papa, nella sua omelia, vi ha parlato delle tre
figure che hanno accompagnato Gesù lungo il suo Calvario: Pilato, Maria e le donne
e il Cireneo. E vi ha fatto una domanda: “Tu, oggi, chi sei? Pilato, Maria e le donne
o il Cireneo?”. Voi, cosa rispondete?
R. – Io mi auguro sempre di essere come
il Cireneo e le donne. Però, purtroppo, a tutti gli effetti ogni uomo passa tutte
e tre le fasi. In un momento di scoraggiamento, magari può essere come Pilato… Però,
l’importante è riuscire a rialzarsi e ad essere sempre come Maria e come il Cireneo
ed andare sempre incontro a Cristo, senza lasciarsi demoralizzare dai fatti terreni.
D.
– E tu, invece?
R. – Io, più che sentirmi, vorrei avere come esempio Maria
e le donne e il Cireneo. In questo senso, è importante saper accettare quello che
il Signore ha in serbo per noi: sia la felicità, sia il dolore. Avevo un sacerdote
che insegnava filosofia e ci invitava sempre a riflettere sulla parola compassione,
che vuol dire "patire con". Questo è ciò che dobbiamo essere capaci di fare: patire
con le persone, condividere la loro sofferenza e aiutarle a sopportare.