Il Papa rievoca la "strage di Candelaria". P. Chiera: ancora troppa violenza di strada
a Rio
“Mai più Candelaria”. Questa frase è scritta nel Rosario che i ragazzi detenuti, incontrati
ieri all’Arcivescovado di Rio de Janeiro, hanno voluto regalare al Papa. Candelaria
è una strage avvenuta nel luglio del 1993, davanti la chiesa di Rio vennero uccisi
otto bambini di strada. Ancora oggi è una ferita aperta nella coscienza del Brasile.
Il servizio di Benedetta Capelli:
Un cartone per
coperta, la compagnia di chi è come te, di chi riconosce la strada come una mamma
che ti accoglie e poi ci sono le luci di una città grande come Rio che offre i marciapiedi
per letti comodi. Forse, questo è passato per la mente di quegli otto bambini che,
a fine luglio di 20 anni fa, dormivano sotto i portici. Chissà quali erano i loro
sogni e chissà in quale momento gli spari di alcuni agenti li hanno interrotti.
Provano
a scappare, ma lì davanti alla Chiesa di Candelaria, dove c’è un Gesù che guarda e
soffre per i suoi figli, lì la vita - quella terrena - si interrompe. Davanti ai corpi
dei bambini uccisi, il mondo grida il disprezzo per la violenza e per la mano di quei
killer, poi condannati dalla giustizia. Secondo alcune testimonianze, volevano punire
una sassaiola contro un’auto della polizia. In quegli anni, era già in Brasile Padre
Renato Chiera, fondatore della "Casa do Menor" di Rio de Janeiro, da 40 anni al
fianco dei meninos de rua, i ragazzi di strada:
“E’ diventato un simbolo
della strage dei ragazzi. Quello che succede in Brasile è proprio un genocidio, che
raggiunge ragazzi - adolescenti soprattutto - e giovanissimi… La strage dei ragazzi
non è diminuita, purtroppo! Io direi, con prove e con fatti, che questa strage dei
ragazzi è aumentata! La situazione dei ragazzi di strada è cambiata un pochino a livello
quantitativo: non si vedono più tanti ragazzi in strada, ma dove sono? Sono nel narcotraffico!
Prima era "adottati" dalla strada, adesso sono adottati dal narcotraffico, perché
lì ricevono protezione, visibilità, potere. Però, in questo narcotraffico sono obbligati
ad uccidere!”.
Statistiche di qualche anno fa parlavano di almeno sette
milioni di bambini e adolescenti per le strade delle principali città brasiliane;
oggi è però difficile definire la realtà dei meninos de rua:
“E’ una cosa
triste che il Brasile sappia quanti cani - per esempio - ci sono a San Paolo, ma non
sappia quanti ragazzi sono nella strada. Non si sa bene… Anche se quantitativamente,
forse, il numero è diminuito questo non vuol dire che il problema non sia grave. La
nostra società ha rabbia verso questi ragazzi, li rigetta. Per questo sono violenti,
perché loro danno quello che ricevono: dalla famiglia ricevono abusi, violenza. Dalla
società ricevono disprezzo, perché nessuno li vuole, nessuno si avvicina… Noi mettiamo
delle luci, mettiamo delle direzioni: abbiamo colto il grido di questi ragazzi, che
gridano per tante cose: per fame, per scuola, per futuro… Ma il grido fondamentale
è un grido per essere amati, per essere figli! E quando loro si sentono figli, si
sentono amati, loro risorgono, cominciano ad amarsi e fanno anche l’esperienza di
amare gli altri, di mettersi al servizio degli altri”.
Papa Francesco,
proprio in Brasile, parlando dei giovani che vivono il dramma delle dipendenze aveva
invitato ad abbracciare, a partecipare al dolore vissuto, a “toccare la carne di Cristo”.
E’ in questo il segreto della rinascita di molti – almeno 45 mila tra ragazzi e adolescenti
– che in Casa do Menor hanno trovato una luce. Una luce che ha il volto di Padre Renato,
le mani forti dei volontari e l’amore quello vero di Cristo:
“Quel che
fate ai minori, ai più piccoli, lo avete fatto a me. Allora ecco perché io vado nella
strada, perché vado a cercare quelli che nessuno vuole, perché sono uno dei volti
di Gesù Crocifisso e abbandonato”.