Il Papa nella favela: promuovere giustizia sociale ma anche dimensione spirituale
Tanta gioia, affetto e commozione durante la visita del Papa alla favela di Varginha,
una ex discarica occupata nel 1940. Il Papa è stato accolto con calore ed entusiasmo:
ha abbracciato, baciato, benedetto grandi e piccoli. Tanti i volti rigati dalle lacrime.
Si è recato nella piccola chiesa intitolata a S. Girolamo Emiliani, frutto della missione
dei Padri somaschi e delle suore Missionarie della carità, alla presenza di alcuni
membri della comunità parrocchiale. Dopo un momento di preghiera, il Papa, evidentemente
commosso, ha benedetto il nuovo altare e ha offerto in dono un calice. Si è poi recato
a piedi verso il campo di calcio per l'incontro con la comunità: durante il percorso
è entrato in una casa per visitare una famiglia: un ambiente molto piccolo, di circa
4 metri per 5. Erano presenti più di 20 persone, tra cui anziani e bambini. Il Papa
si è intrattenuto con ciascuno di loro, ha preso in braccio ogni bambino, lo ha benedetto
ed ha posato per una foto-ricordo con ciascuno di loro. Alla fine, tutti insieme,
hanno recitato la preghiera del Padre Nostro e dell’Ave Maria. Quindi è giunto al
campo di calcio accolto dall'entusiasmo della folla: qui una coppia di coniugi ha
rivolto il suo saluto al Papa.
Il Papa ha iniziato il suo discorso con una
esclamazione: “È bello poter essere qui con voi! Che bello! Fin dall’inizio, nel programmare
la visita in Brasile, il mio desiderio era di poter visitare tutti i rioni di questa
Nazione. Avrei voluto bussare a ogni porta, dire “buongiorno”, chiedere un bicchiere
di acqua fresca, prendere un “cafezinho”, non un bicchiere di cachaça ... parlare
come ad amici di casa, ascoltare il cuore di ciascuno, dei genitori, dei figli, dei
nonni... Ma il Brasile è così grande! E non è possibile bussare a tutte le porte!
Allora ho scelto di venire qui, di fare visita alla vostra Comunità" che "oggi rappresenta
tutti i rioni del Brasile. Che bello essere accolti con amore, con generosità, con
gioia! Basta vedere come avete decorato le strade della Comunità; anche questo è un
segno di affetto, nasce dal vostro cuore, dal cuore dei brasiliani, che è in festa!
Grazie tante a ognuno di voi per la bella accoglienza! Ringrazio gli sposi Rangler
e Joana per le calorose parole”.
“Fin dal primo momento in cui ho toccato
la terra brasiliana e anche qui in mezzo a noi – ha proseguito - mi sento accolto.
Ed è importante saper accogliere; è ancora più bello di qualsiasi abbellimento o decorazione.
Lo dico perché quando siamo generosi nell’accogliere una persona e condividiamo qualcosa
con lei - un po’ di cibo, un posto nella nostra casa, il nostro tempo - non solo non
rimaniamo più poveri, ma ci arricchiamo. So bene che quando qualcuno che ha bisogno
di mangiare bussa alla vostra porta, voi trovate sempre un modo di condividere il
cibo; come dice il proverbio, si può sempre “aggiungere più acqua ai fagioli”! Si
può sempre “aggiungere più acqua ai fagioli”? Sempre! E voi lo fate con amore, mostrando
che la vera ricchezza non sta nelle cose, ma nel cuore!”.
“E il popolo brasiliano
– ha osservato - in particolare le persone più semplici, può offrire al mondo una
preziosa lezione di solidarietà, una parola, la solidarietà, spesso dimenticata o
taciuta, perché scomoda. Quasi sembra una parolaccia: solidarietà. "Vorrei fare appello
a chi possiede più risorse, alle autorità pubbliche e a tutti gli uomini di buona
volontà impegnati per la giustizia sociale: non stancatevi di lavorare per un mondo
più giusto e più solidale! Nessuno può rimanere insensibile alle disuguaglianze che
ancora ci sono nel mondo! Ognuno, secondo le proprie possibilità e responsabilità,
sappia offrire il suo contributo per mettere fine a tante ingiustizie sociali. Non
è, non è la cultura dell’egoismo, dell’individualismo, che spesso regola la nostra
società, quella che costruisce e porta ad un mondo più abitabile, non è, ma la cultura
della solidarietà, la cultura della solidarietà; vedere nell’altro non un concorrente
o un numero, ma un fratello ... e tutti noi siamo fratelli”.
Papa Francesco
ha quindi incoraggiato “gli sforzi che la società brasiliana sta facendo per integrare
tutte le parti del suo corpo, anche le più sofferenti e bisognose, attraverso la lotta
contro la fame e la miseria. Nessuno sforzo di “pacificazione” sarà duraturo, non
ci saranno armonia e felicità per una società che ignora, che mette ai margini e che
abbandona nella periferia una parte di se stessa. Una società così semplicemente impoverisce
se stessa, anzi perde qualcosa di essenziale per se stessa. Non lasciamo, non lasciamo
entrare nel cuore la cultura dello scarto! Non lasciamo entrare nel cuore la cultura
dello scarto, perché noi siamo fratelli, nessuno di noi può essere scartato! Ricordiamolo
sempre: solo quando si è capaci di condividere ci si arricchisce veramente; tutto
ciò che si condivide si moltiplica! Pensiamo alla moltiplicazione dei pani di Gesù.
La misura della grandezza di una società è data dal modo con cui essa tratta chi è
più bisognoso, chi non ha altro che la sua povertà!”.
Ha quindi detto anche
che la Chiesa, “’avvocata della giustizia e difensore dei poveri contro le disuguaglianze
sociali ed economiche intollerabili che gridano al cielo’ (Documento di Aparecida,
395), la Chiesa desidera offrire la sua collaborazione ad ogni iniziativa che possa
significare un vero sviluppo di ogni uomo e di tutto l’uomo. Cari amici, certamente
è necessario dare il pane a chi ha fame; è un atto di giustizia. Ma c’è anche una
fame più profonda, la fame di una felicità che solo Dio può saziare. Fame di dignità.
Non c’è né vera promozione del bene comune, né vero sviluppo dell'uomo, quando si
ignorano i pilastri fondamentali che reggono una Nazione, i suoi beni immateriali:
la vita, che è dono di Dio, valore da tutelare e promuovere sempre; la famiglia, fondamento
della convivenza e rimedio contro lo sfaldamento sociale; l’educazione integrale,
che non si riduce ad una semplice trasmissione di informazioni con lo scopo di produrre
profitto; la salute, che deve cercare il benessere integrale della persona, anche
della dimensione spirituale, essenziale per l'equilibrio umano e per una sana convivenza;
la sicurezza, nella convinzione che la violenza può essere vinta solo a partire dal
cambiamento del cuore umano”.
Poi ha aggiunto un’ultima cosa: “Qui, come in
tutto il Brasile, ci sono tanti giovani. Voi, cari giovani, avete una particolare
sensibilità contro le ingiustizie, ma spesso siete delusi da fatti che parlano di
corruzione, da persone che, invece di cercare il bene comune, cercano il proprio interesse.
Anche a voi e a tutti ripeto: non scoraggiatevi mai, non perdete la fiducia, non lasciate
che si spenga la speranza. La realtà può cambiare, l’uomo può cambiare. Cercate voi
per primi di portare il bene, di non abituarvi al male, ma di vincerlo col bene. La
Chiesa vi accompagna, portandovi il bene prezioso della fede, di Gesù Cristo, che
è «venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza» (Gv 10,10)”.
Il
Papa ha così concluso: “Oggi a tutti voi, in particolare agli abitanti di questa Comunità
di Varginha dico: non siete soli, la Chiesa è con voi, il Papa è con voi. Porto ognuno
di voi nel mio cuore e faccio mie le intenzioni che avete nell’intimo: i ringraziamenti
per le gioie, le richieste di aiuto nelle difficoltà, il desiderio di consolazione
nei momenti di dolore e di sofferenza. Tutto affido all'intercessione di Nostra Signora
di Aparecida, Madre di tutti i poveri del Brasile, e con grande affetto vi imparto
la mia Benedizione”.
Al termine del discorso, un gruppo di bambini ha offerto
dei doni al Papa che ha concluso la sua visita alla favela con la benedizione, in
mezzo agli apllausi e all'entusiasmo incontenibile della comunità di Varginha.