L’Egitto sempre più nel caos. Proseguono gli scontri di piazza tra sostenitori e oppositori
del deposto presidente Morsi. Ormai sono circa 20 i morti. Altre due persone hanno
perso la vita stamani in un attacco avvenuto al Cairo contro un gruppo di manifestanti
pro Morsi. L’azione, secondo fonti dei Fratelli musulmani, sarebbe stato condotta
da poliziotti in borghese che hanno aperto il fuoco contro i dimostranti. Sui motivi
della grave situazione egiziana, Giancarlo La Vella ha intervistato l'esperto
di Paesi arabi, Paolo Branca, docente all'Università Cattolica di Milano:
R. - Purtroppo,
la situazione che sta vivendo il Paese è il risultato di molte scelte sbagliate che
sono state fatte in modo un po’ sorprendente, fin dalla caduta del regime di Mubarak,
in quanto i Fratelli musulmani, che rappresentano soltanto una parte del Paese, hanno
preteso di presentare un loro candidato alla presidenza, causando sia la spaccatura
del Paese che del loro stesso movimento, che per metà non era favorevole a questa
scelta.
D. - La situazione di caos perdurante è anche il frutto di un certo
disimpegno dell’Occidente in queste crisi?
R. - Sì. A livello globale, possiamo
registrare una crisi della politica delle istituzioni su scala planetaria nel gestire
non soltanto le emergenze, ma anche la vita quotidiana. I Paesi come l’Egitto dimostrano
questa debolezza nella politica in modo clamoroso: c’è stata una rivoluzione cominciata
spontaneamente e poi c’è stato qualcuno che si è impossessato della rivolta, per godere
esclusivamente i vantaggi che ne derivano. Questo ricorda un po’ anche quello che
succede in altri Paesi. Più che forze politiche, sembrano bande che si scontrano per
il potere.
D. - E’ anche vero che, quando si dice “mediazione internazionale”,
automaticamente si pensa a un gruppo di Paesi guidati quasi sempre dagli Stati Uniti.
Ma Washington non può farsi carico di tutte le crisi mondiali, soprattutto in questo
momento…
R. - Sicuramente, la crisi economica mondiale non favorisce una presenza
che dovrebbe essere portata avanti anche da altri: per esempio l’Europa, “dirimpettaia”
del Nord Africa del Medio Oriente nel Mediterraneo, dovrebbe avere una funzione molto
più incisiva ed attiva. Gli Stati Uniti hanno un’agenda già abbastanza ampia e dimostrano
spesso di non conoscere abbastanza a fondo le complicazioni di antiche culture come
quelle del Mediterraneo, dove le lezioni della storia dovrebbero essere tenute debitamente
in conto.
D. - C’è comunque la possibilità di intravedere una linea di dialogo
in questo momento in Egitto tra il fronte laico ed il fronte dei Fratelli musulmani?
R.
- Direi che è l’unica soluzione, proprio perché il Paese è spaccato e bisognerebbe
premettere a tutto gli interessi del Paese, cercare di dare a ciascuno la possibilità
di offrire il proprio contributo. Il “muro contro muro” che si sta delineando è sicuramente
un danno immediato, tanto più che la situazione economica non è certamente rosea.