Motociclismo in lutto per la morte del pilota italiano Andrea Antonelli. Gara iniziata
sotto il diluvio
Si celebrano oggi a castiglione del Lago, in provincia di Perugia, i funerali di
Andrea Antonelli, il pilota di motociclismo morto domenica scorsa in pista a Mosca
durante la gara del Mondiale Supersport, dopo essere stato investito da un pilota
che non è riuscito ad evitarlo a causa della nube d'acqua sollevata sulla pista bagnata.
Un incidente che ricorda, in parte, quello costato la vita nell'ottobre 2011 a Marco
Simoncelli a Sepang. Su questo nuovo dramma, Amedeo Lomonaco ha intervistato
il vicedirettore Gazzetta dello Sport, Umberto Zapelloni:
R. – Il motomondiale,
le gare di motociclismo, le gare di Formula 1, le gare di auto in genere, sono pericolose.
Però bisogna fare in modo che i pericoli, che non possono essere azzerati, vengano
perlomeno ridotti. Ieri, invece, a Mosca non è stato fatto questo. Sono stati mandati
in pista questi ragazzi in situazioni di visibilità e aderenza decisamente insufficienti.
Io credo che di fronte al pericolo della vita di un protagonista, lo show si debba
fermare e ieri l’errore è stato di fermarlo dopo che il fattaccio era già avvenuto;
il povero Antonelli era già morto. Invece, quella era una gara che non doveva neppure
partire.
D. - Le corse non si possono fermare. E’ veramente così?
R.
– E’ difficile, lo abbiamo visto anche nel mondiale di Formula 1. Ricordiamo quello
che è l’incidente clamorosamente più famoso, cioè quello che portò al decesso di Ayrton
Senna, nel ’94, a Imola. La gara continuò, continuò mentre Senna moriva in ospedale,
a Bologna, oppure era già morto in pista, come dice qualcun altro. Però quello fu
un avvenimento eccezionale, un incidente dovuto a tutta una serie di coincidenze pazzesche.
Ieri a Mosca, invece, la gara si doveva, non si poteva fermare, prima che cominciasse,
perché quando ti rendi conto che le condizioni sono critiche devi evitare che questi
piloti vadano in pista. Credo che debba esserci qualcuno che decida al di sopra dei
piloti. Non si può chiedere a piloti giovani che sono lì per mettersi in luce di alzare
una mano e dire: qui non si corre. Credo debba esserci un direttore di corsa, che
in condizioni del genere, dice: qui non si corre, si aspettano condizioni migliori.
Nel motomondiale succede quasi sempre. Bisogna che avvenga in tutte le categorie dove
ci sono in pista piloti anche meno esperti.
D. – Il motociclismo piange un
altro pilota: dopo la morte tragica di Simoncelli, anche questa di Antonelli…
R.
– L’incidente di Simoncelli è molto diverso, anche se nella dinamica è molto simile
a quello che ha portato via Antonelli, perché Simoncelli e Antonelli sono stati colpiti
in una parte vulnerabile da un compagno che li seguiva. Ma mentre Simoncelli è caduto
in una gara che si poteva tranquillamente correre, su una pista che per anni è stata
teatro del mondiale sia di MotoGP che di Formula 1, ieri, Antonelli è andato a correre
in condizioni in cui non si doveva correre, per una mancanza di visibilità ma anche
di aderenza. I piloti, in quel rettilineo, erano in una nuvola d’acqua e non vedevano
assolutamente nulla. E’ un rischio enorme quando lo fanno in un abitacolo della Formula
1. A cavallo di una motocicletta è qualcosa che non si deve assolutamente fare.