Guerra in Siria. Il nunzio: 5mila morti al mese, l’unica soluzione è quella politica
In Siria: infuria la battaglia attorno all'aeroporto internazionale di Aleppo. Le
forze fedeli al presidente Assad starebbero cercando di riprendere questa roccaforte
dei ribelli. Strage di una intera famiglia invece a Bayda. Secondo una Ong d’opposizione
i lealisti avrebbero ucciso 13 persone tra cui 6 bambini. E l'Onu ha lanciato un ennesimo
appello: quasi un terzo della popolazione, circa 7 milioni di siriani hanno bisogno
di aiuti urgenti per sopravvivere; di questi, 3 milioni sono bambini. Sulla situazione
nel Paese, Salvatore Sabatino ha sentito il nunzio a Damasco, mons. Mario
Zenari:
R. – Ogni giorno
che passa l’impressione di tutti è che questa crisi, anziché risolversi, si complichi
sempre di più. E’ una situazione che si complica anche per la presenza di combattenti
venuti da fuori, da altri Paesi, che militano o in favore di una parte o in favore
di un’altra. Credo che le parti in conflitto debbano veramente e concretamente convincersi
che l’unica soluzione è la soluzione politica. Non ci sono altre soluzioni di forza
o militari.
D. – Crede che la comunità internazionale stia facendo abbastanza
per porre fine a questo sanguinoso conflitto?
R. – Alle volte dà l’impressione
di essere un po’ stanca. Credo che dovrebbe continuare questa attenzione a trovare
una soluzione; dovrebbe essere più presente e essere continua perché ogni giorno che
passa la situazione diventa più impressionante. Le ultime statistiche delle agenzie
delle Nazioni Unite parlano di circa cinquemila persone che muoiono ogni mese, di
seimila persone che ogni giorno fuggono dal Paese, di un milione e ottocentomila rifugiati.
E’ il numero più alto di rifugiati dopo la crisi del conflitto in Rwanda. Senza dire
poi della situazione umanitaria, che è molto grave, anche a causa di molte restrizioni
per fare arrivare gli aiuti di agenzie umanitarie alle popolazioni più colpite. Ad
Aleppo, per esempio, abbiamo vissuto, una decina di giorni fa, una situazione molto
critica: per alcuni giorni è stata accerchiata e lì era un problema, le agenzie umanitarie
non riuscivano a portare aiuti di prima necessità. Più in generale, si fa sentire
sempre di più una penuria di generi alimentari, medicinali, generi di prima necessità.
Pensiamo, per esempio, al latte. Qualche religiosa mi diceva: conosciamo bambini che
a malapena riescono a mangiare una volta al giorno. Questa situazione se perdura diventerà
sempre peggiore. Si vede veramente come la guerra sia la fabbrica di innumerevoli
miserie. La guerra produce innumerevoli miserie, soprattutto la guerra civile.
D.
– Quali sono gli umori, i sentimenti della popolazione siriana?
R. – Ormai
la gente è stufa, non interessa più né di stare da una parte né di stare dall’altra.
L’unico desiderio è di vivere. Questo è ciò che i siriani desiderano: poter vivere
e poter tornare alla normalità. Vorrei ricordare, soprattutto in questo momento del
Ramadan, che è il mese più importante per la maggioranza della popolazione siriana:
è il terzo Ramadan che si vive in questa situazione ed è anche il peggiore. Di solito,
alla sera, dopo il calar del sole, le famiglie si ritrovano attorno a una tavola,
prima del conflitto bene imbandita e quindi la gioia, l’intimità famigliare, attorno
a questa tavola ben fornita: oggi, purtroppo, in questo Ramadan, quest’anno, in molte
famiglie regna la tristezza più che la gioia perché o hanno perduto familiari in questo
conflitto e che cosa possono offrire? Cosa c’è sulla tavola, sulla mensa di tante
famiglie? C’è poco o niente. Quindi, direi di sentirci solidali con questi nostri
amici che festeggiano il Ramadan in una situazione abbastanza provata e talvolta triste.
Anche i nostri cristiani si pongono la domanda: perché c’è capitata questa prova?
Direi in generale che trovano una risposta nella fede. Quindi, nelle chiese, le liturgie
sono ben partecipate, perché la gente sente che in questo momento di prova può trovare
un aiuto nella fede, un aiuto nella preghiera, nell’ascolto della Parola di Dio.