2013-07-20 15:28:03

Lampedusa e il Nobel per la pace. Hein: sì, ma per affrancarla dal peso che sopporta


Nuovi sbarchi a largo di Lampedusa, di Pozzallo e a Siracusa. In tutto, quasi 150 migranti eritrei e siriani, tra cui anche donne e bambini, sono stati dunque tratti in salvo sulle coste siciliane, e operazioni di soccorso si stanno svolgendo sulle coste calabre. Intanto, a livello politico si sta facendo strada la proposta di candidare Lampedusa al premio Nobel per la Pace come “riconoscimento dell’impegno e dell’amore” dei suoi abitanti. Il servizio di Gabriella Ceraso:RealAudioMP3

“Avete mostrato e mostrate attenzione alle persone nel loro viaggio verso qualcosa di migliore. Siete una piccola realtà, ma offrite un esempio di solidarietà”. Le parole di Papa Francesco ai lampedusani, l’8 luglio scorso, sono più vive che mai di fronte alle nuove emergenze nel Mare di Sicilia. Nuovi arrivi e, dunque, nuova offerta di accoglienza, carità e amore da una popolazione che - il Papa stesso se lo augurò in quella visita indimenticabile - dovrebbe essere "faro, col suo esempio, per il mondo". E forse in questa direzione va la candidatura al Nobel per la Pace di Lampedusa, proposta dal quotidiano della Cei già nel 2011 e rilanciata dopo la presenza del Pontefice. L’idea è piaciuta a diversi senatori siciliani e soprattutto al ministro per la Semplificazione D’Alia, deciso a farsene portavoce presso il premier Letta. “Avrebbe un grande significato simbolico anche per l’Europa”, sostengono. “Certo - dice ai nostri microfoni Christopher Hein, direttore del Consiglio italiano per i rifugiati - la popolazione lo merita, ma non può rappresentare un vanto ciò che accade in quell’isola”:

R. - E’ ambiguo, no? Non voglio dire che l’idea sia del tutto sbagliata, ma mi sembra un poco fuorviante parlando di un premio per la pace, che potrebbe dare un segnale e dire: “Ok, va benissimo così. Bisogna migliorare e ampliare il Centro di accoglienza e poi tutto va bene”. Ma non va bene per niente! Lampedusa dovrebbe tornare a essere una bella isola di pescatori e di turisti, come era un volta… Diciamo che non c’è niente da festeggiare. E penso che il Papa, nella sua storica visita, lo abbia molto ben sottolineato: Lampedusa è un posto che fa pensare a tutti quelli che non sono mai arrivati, ma anche che non è possibile che l’unico modo per i rifugiati per arrivare in Europa sia quello di attraverso il mare sui barconi e poi arrivare a Lampedusa… Lampedusa in un certo modo - se vogliamo in modo più estremo - più che simbolo di pace è un simbolo di guerra fra l’Europa e l’Africa. Fermo restando naturalmente un riconoscimento anche per la popolazione dell’isola, per tutto ciò che hanno sofferto e per tutto ciò che hanno dato. Io penso che sarebbe meglio seguire la strada che il Papa ci ha indicato, veramente come una questione di coscienza, e fare quindi qualcosa affinché queste tragedie non si ripetano più. Non sono convinto che il Premio Nobel per la Pace, per questo tipo di simbolismo, ci possa essere d’aiuto.

D. - Certo, occorrono dunque gesti concreti, lei dice…

R. - Gesti concreti e politica europea: aprire canali per un arrivo legale, protetto, normale per chi ne ha bisogno. Certamente, con certi criteri e procedure: questo è quello che ci manca totalmente e su questo l’Unione Europea e anche l’Italia dovrebbero lavorare.







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