2013-07-15 19:01:57

Il vicesegretario Usa Burns in Egitto per tentare una mediazione


In Egitto ancora violenze nel teso e instabile clima del "dopo Morsi": almeno 3 le vittime di ieri. Per fermare gli spargimenti di sangue si è mobilitata la comunità internazionale: ieri la visita nel Paese del vicesegretario di Stato Usa Burns che ha incontrato i leader egiziani ad interim, mentre oggi è atteso il capo della politica estera dell'Unione europea, Ashton per una due giorni. I particolari da Paola Simonetti RealAudioMP3


Serpeggia il terrore nel paese soprattutto nella città di El Arish, nel Sinai, centro di un'escalation di attacchi dalla deposizione dell'ex presidente egiziano Morsi in un ennesimo attentato ad opera di presunti miliziani islamici contro un bus scambiato per un mezzo della polizia almeno tre persone sono morte e altre 15 sono rimaste ferite. Intanto dalla zona un centinaio di famiglie cristiane sarebbero fuggite dopo le numerose vittime registrate nella loro comunità. Un impegno per riportare stabilità nel paese giunge dagli Stati Uniti, che oggi con l'arrivo al Cairo del vicesegretario di Stato Burns per un incontro con i leader egiziani ad interim, hanno ribadito il loro sostegno al popolo egiziano precisando che per gli Usa la deposizione di Morsi non è stata un golpe. E mentre le prossime ore potrebbero essere quelle di un annuncio da parte del premier El Beblawi della formazione del nuovo governo, l'esercito egiziano ribadisce che nessun partito sarà escluso dalla politica. Domani al Cairo è atteso anche l'arrivo del capo della politica estera dell'Unione Europea, Ashton. Intanto, la Russia ha annunciato che potrebbe fornire aiuto finanziario all'Egitto, se ricevesse una richiesta in tal senso.

Per un’analisi della situazione in Egitto Massimiliano Menichetti ha raccolto il commento di Massimo Campanini, docente di Storia dei Paesi islamici all’Università di Trento:RealAudioMP3

R. – Si va incontro a un periodo di grande incertezza, in cui i militari avranno un ruolo decisivo per tenere sotto controllo la situazione ed evitare che questa precipiti in uno scontro frontale che potrebbe configurarsi addirittura come una guerra civile. Le due posizioni contrapposte – i Fratelli musulmani da una parte, e il fronte laico dall’altra – credo giovi agli interessi e al controllo dei militari che, attraverso i carri armati, possono riuscire a indirizzare la situazione secondo una trasformazione costituzionale a loro gradita. Questo naturalmente non vuol dire che ne guadagnerà il cammino democratico dell’Egitto.

D. – Secondo alcuni, i militari che – lo ricordiamo – detengono i gangli vitali dell’economia, sono stati gli orchestratori di questa situazione in Egitto. Secondo lei, è vero oppure no?

R. – È verissimo, nel senso che precedentemente si era parlato di una convergenza di interessi tra i Fratelli musulmani e i militari, poi in realtà c’era stato uno scontro di potere tra il presidente Morsi e i vertici dell’esercito nell’estate 2012, dal quale Morsi era uscito vincitore. Facendo cadere il presidente e schierandosi apparentemente a favore della volontà popolare, i militari hanno ripreso il controllo della situazione e hanno rioccupato quello spazio di movimento che garantisce loro la conservazione dei propri privilegi e la difesa del proprio ruolo centrale all’interno del sistema politico egiziano. Il fatto è che si tratta - secondo me - di un passo indietro. In questo modo, siamo tornati al controllo dei militari sulla vita politica dell’Egitto, che era simile a quello dell’epoca di Mubarak, per non parlare naturalmente dell’epoca di Nasser.

D. – In Egitto, è nata anche l’Alleanza nazionale popolare, una coalizione che riunisce gruppi politici, sindacati e forze rivoluzionarie…

R. – Indubbiamente, si tratta di un tentativo di cercare di coagulare le varie componenti di quello che era il fronte dell’opposizione, che ormai possiamo dire essere il fronte governativo. Potrebbe essere una scelta importante per garantire, in una situazione di grande incertezza, la transizione del Paese. Però, il problema della risoluzione delle problematiche e delle difficoltà economiche che l’Egitto si trova davanti è un punto nodale del programma governativo di chiunque sia ancora al potere in Egitto: senza dare una risposta alle necessità quotidiane della grande popolazione egiziana, difficilmente l’Egitto riuscirà a superare in maniera positiva questa situazione di difficoltà e d’incertezza.

D. – La visita del vicesegretario di Stato americano, Burns, in Egitto viene presentata come un’occasione per sottolineare il sostegno al popolo egiziano. È così?

R. – L’interesse degli Stati Uniti, così come della geopolitica e della diplomazia internazionale, non è stato la difesa degli obiettivi e delle aspirazioni rivoluzionarie del popolo egiziano, quanto la garanzia di un equilibrio del Paese, perché sappiamo tutti qual è l’importanza dell’Egitto all’interno del mondo arabo e dell’agitato scacchiere mediorientale. Mi sembra molto pragmatico l’atteggiamento di sostenere una potenziale transizione che stabilizzi il quadro politico e istituzionale del Paese, in modo da garantire non solo gli equilibri internazionali, ma anche l’intervento e la presenza degli intessi occidentali in Egitto e in Medio Oriente.

Ultimo aggiornamento: 16 luglio







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