2013-07-13 14:23:17

Somalia: Al-Shabaab attacca Mogadiscio, ma in generale il Paese è più sicuro


Sebbene molto sia stato fatto negli ultimi anni, la Somalia rimane uno degli Stati politicamente più instabili nella comunità internazionale. Ieri a Mogadiscio un kamikaze diretto contro le forze internazionali di peacekeeping ha causato otto morti tra la popolazione civile. A rivendicarlo il gruppo islamista Al-Shabaab, che seppure indebolito, rimane attivo nella lotta contro il governo legittimo. Per un punto sulla situazione nel Paese, Michele Raviart ha intervistato Nicola Pedde, direttore dell’Instute of Global Studies di Roma:RealAudioMP3

R. – Rispetto a due anni, c’è un netto miglioramento della situazione in alcune parti della Somalia. Indubbiamente la riconquista del potere da parte delle autorità centrali ha generato una serie di disequilibri nel rapporto con ciò che rimane delle milizie Al-Shabab, che cerca sistematicamente di minare – soprattutto agli occhi della Comunità internazionale – la capacità del governo somalo di gestire la sicurezza attraverso una serie di attacchi, come quello a cui abbiamo assistito. Questo ovviamente è significativo, perché ci sono delle perdite, ma in termini generali è un volume decisamente inferiore a quello che abbiamo purtroppo riscontrato in passato.

D. – Gli islamisti di Al-Shabab controllavano di fatto Mogadiscio e poi il porto del sud di Kisimaio. Come sono organizzati ora?

R. – Con la caduta di Kisimaio, ad opera poi soprattutto del contingente del Kenya, Al-Shabab ha avuto una ulteriore frammentazione. Una buona parte delle milizie dell’Al-Shabab è stata reintegrata nelle forze di sicurezza somala, la gran parte dei miliziani che non aveva alcun connotato ideologico. E’ rimasta, tuttavia, ancora attiva e presente una cellula abbastanza consistente e riconducibile oggi al jihadismo internazionale, che quindi resterà tale fino a quando non andrà a disperdersi, man mano che le forze governative locali ed internazionali riusciranno a ristabilire la sicurezza.

D. – Quest’anno, ci sono state due importanti conferenze internazionali sulla Somalia, a Londra e a Nairobi: che bilancio si può fare oggi di questi incontri?

R. – E’ sicuramente corretto l’approccio alla sicurezza che è stato dato oggi, ma è necessario intervenire in modo consistente anche sul piano economico: o la comunità internazionale stabilisce una linea di credito alla Somalia per la ricostruzione delle infrastrutture fondamentali, o sarà difficilissimo attrarre capitali e investimenti nel Paese nel prossimo futuro, permettendo questo processo virtuoso di ricrescita dell’economia somala, che è funzionale – in questa fase – alla capacità del governo di garantire la stabilità.

D. – Su cosa dovrebbero essere concentrati allora gli investimenti?

R. – E’ necessario che la comunità internazionale sia solidale con il Paese, attraverso un programma di investimenti, possibilmente gestiti attraverso le Nazioni Unite, destinati alla ricostruzione delle infrastrutture: soprattutto il sistema stradale è quello che penalizza enormemente qualsiasi tipo di intervento sulla ricostruzione. Alla sicurezza, che è la fase dove, bene o male, si è riusciti con un certo margine a garantire un risultato delle aree urbane, sarebbe in questo momento opportuno e anzi fondamentale accompagnare un piano di ricostruzione, garantito tuttavia della Comunità internazionale.







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