Francia: i vescovi chiedono l’apertura di un dibattito pubblico sugli embrioni umani
Mentre continua in Francia l’iter legislativo della legge che vuole liberalizzare
la ricerca sull’embrione umano, i vescovi chiedono l’apertura di un dibattito pubblico
sulla questione che “conduca serenamente alla soluzione migliore”. La richiesta è
stata formulata da mons. Pierre d'Ornellas, responsabile per le questioni di bioetica
nella Conferenza episcopale, in una nota diffusa mercoledì alla vigilia della ripresa
dell’esame della proposta all’Assemblea Nazionale. L’obiettivo del provvedimento,
già approvato in prima lettura dal Senato, è di modificare la Legge sulla bioetica
del 2011 affinché la ricerca sull’embrione, oggi vietata anche se con alcune deroghe,
venga autorizzata come principio e a condizioni meno restrittive. Nella nota mons.
d'Ornellas osserva che quanto accaduto in questi ultimi mesi in Francia conferma quanto
sia importante il dibattito pubblico su questioni che riguardano la vita della società.
Il presule ricorda la positiva esperienza in questo senso degli Stati Generali della
Bioetica convocati nel 2009 dall’allora Governo Fillon. “Ci sono solide ragioni –
rileva – per cui tale dibattito si è risolto nel 2011 con la decisione di mantenere
il divieto della ricerca sull’embrione umano e sulle cellule staminali embrionali”.
Oggi alcuni vogliono che questa ricerca sia autorizzata, anche se regolamentata, “ma
– sottolinea la nota - la posta in gioco è maggiore: con tale autorizzazione per la
prima volta nel nostro ordinamento sarebbe legale usare l’essere umano!” . Questa
è la ragione per la quale nel 2011 il Legislatore ha ritenuto necessario precisare
che qualsiasi modifica legislativa sulla bioetica debba essere preceduta da un dibattito
nella forma di Stati Generali. “Perché questa disposizione non dovrebbe applicarsi
alla ricerca sugli embrioni umani?”, si chiede l’arcivescovo di Rennes, ricordando
che la Chiesa, consapevole delle implicazioni sociali della bioetica, è sempre stata
aperta al dialogo. “Il progresso – continua quindi la nota - non è mai tale se l’etica
e la scienza non camminano insieme” e l’etica riconosce che l’embrione umano condivide
la nostra umanità, “perché nessuna persona è tale senza essere prima stata un embrione”.
Non rispettare questo “ecosistema umano”, ammonisce in conclusione il presule, “finisce
prima o poi con il ritorcersi contro di noi”. (A cura di Lisa Zengarini)