Crisi economica: segnali di lenta ripresa in Europa e Stati Uniti
La crisi continua a frenare la crescita in Europa. La Bce, infatti, nel suo bollettino
mensile prevede un recupero dell'economia nel corso del 2013, ma a ritmo moderato,
e ribadisce che la politica accomodante sosterrà la ripresa nei prossimi mesi. Inoltre,
nota che i rischi per le prospettive economiche dell'area dell'euro continuano a essere
orientati al ribasso. Sul fronte statunitense, invece, la Federal Reserve esprime
ottimismo per le previsioni economiche americane, che però necessita di stimoli. Così,
il presidente della Fed Bernanke mercoledì in un discorso dedicato ai primi 100 anni
della banca centrale. Lavoro, inflazione e stabilità i punti fermi su cui lavorare.
Salvatore Sabatino ha chiesto all’economista Angelo Baglioni un'analisi
sulle parole di Bernanke:
R. – Sostanzialmente,
mi sembra che le parole di Bernanke rivelino una certa preoccupazione di fronte al
fatto che i mercati avevano reagito molto negativamente in precedenza, quando aveva
annunciato l’avvio futuro - verso la fine di quest’anno e l’inizio del prossimo -
di una “exit strategy” dalle misure ultra espansive di politica monetaria. Questo
ha avuto un effetto molto pesante sui mercati con un aumento, per esempio, dei tassi
di interesse sui titoli pubblici americani, anche nell’ordine dell’1%. Quindi, di
fronte a questo, evidentemente c’è stata quasi una correzione di rotta di Bernanke
che ha voluto tranquillizzare un po’ i mercati.
D. – Ha detto però anche che
negli Stati Uniti la disoccupazione è ancora troppo alta e l’inflazione troppo bassa,
e che questo rende ancora necessaria una politica monetaria estremamente accomodante.
Che cosa vuole dire questo?
R. – Vuol dire sostanzialmente che – posto che
la congiuntura americana è ancora debole, per quanto sempre più forte di quella europea
– comunque la disoccupazione è ancora piuttosto elevata. È in corso una ripresa dell’economia
reale, del mercato anche immobiliare, ma che evidentemente viene giudicata dalla stessa
Fed ancora piuttosto fragile e quindi non deve essere “strozzata” da una politica
monetaria che cambi rotta troppo rapidamente.
D. – Intanto, in Europa la Bce
nel suo bollettino mensile sottolinea che complessivamente nell’area dell’euro l’attività
dovrebbe stabilizzarsi e recuperare nel corso dell’anno, seppure a un ritmo moderato.
La crisi continua a “mordere” nel Vecchio continente…
R. – Sì. Purtroppo i
segnali di ripresa sono molto deboli. C’è questo ritornello della ripresa collocata
verso fine anno, inizio del prossimo, dove però le basi per questa ripresa sono molto
fragili. Si basano fondamentalmente sulla speranza che siano altri Paesi, a incominciare
proprio dagli Stati Uniti a trainare un po’ la ripresa. L’Europa di suo si trova in
una situazione ancora di recessione, pur con forti differenze tra un Paese e l’altro.
D.
– Le due sponde dell’Atlantico vedono, dunque, la ripresa con fatica - chi più, chi
meno - ma continuano a lavorare su questo accordo di libero scambio. Potrebbe essere
questa la chiave di volta per lasciarsi alle spalle la crisi sia negli Stati Uniti
che in Europa?
R. – Purtroppo, io non credo che questo accordo – che, per carità,
è benvenuto – possa avere effetti nel breve periodo. Primo, ci vorrà molto tempo per
raggiungere l’accordo e poi sono accordi che a loro volta entrano in vigore con un
certo periodo di tempo, non certo in tempi rapidi e danno i loro effetti nel lungo
periodo. Quindi, direi che nel breve periodo quello che si può fare di più sono, fondamentalmente,
politiche di sostegno della domanda. Gli Stati Uniti stanno cercando di fare questo
con una politica monetaria che ancora resterà molto espansiva per parecchio tempo.
L’Europa, da parte sua, dovrebbe probabilmente fare di più nel senso che alcuni Paesi,
a cominciare dalla Germania, che hanno una situazione di conti pubblici in ordine,
dovrebbero fare una politica fiscale più espansiva in modo da generare una maggiore
ripresa e fare un po’ da traino per gli altri Paesi.